DISCOGRAFIA:RELEASES

TIZIANO MILANI_SHELTER FOR SOUL


CD Digisleeve 4 pages
Tiziano Milani _ elettronica
Tiziano Milani’s music has a unique drama and sensuality. On the album is reported this text: “Everybody wants, rich or poor, not only a warm dry room, but a shelter for the soul” Samuel Mockbee (1944–2001).
For more info:
http://www.milanitiziano.wordpress.com
La ricerca elettroacustica di Tiziano Milani, è una lastra di ghiaccio in tiepido disgelo.
Da anni, un percorso fuori dai vari trend del momento, in preziosa, appartata solitudine.
Elettronica, field recordings, qualche acusticheria, osservazione e organizzazione della materia.
“Shelter For Soul”, son quattro stanze risuonanti dove potersi disperdere.
Espansioni, piccoli stridori, meccanismi in batterico movimento, sospensioni e ascensioni in strutturate progressioni sinfoniche.
L’anima geme e poi riposa, c’è un tepore che t’accoglie e induce alla sosta, ogni dolore del corpo e più dentro affiora, lo lasci sgorgare senza opporre resistenza, c’è un tepore che t’accoglie e hai bisogno di lasciarti andare.
Chiudi gli occhi, vaga e sogna.
Il dissesto tutt’attorno non temere, resta. Voto: 8

01 _ Shelter for a Lost Soul 13:18
02 _ Inside, Outside & In-between 13:31
03 _ Seen the Unseen 10:22
04 _ Open a Window for a Crying Soul 12:57
(C) + (P) 2021

> SM2780
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Tiziano Milani _ elettronica _ architetture sonore

Dalle note di copertina dello scrittore Luca Rota: “Ritorno a casa, per ricomminciare ancora. Tiziano Milani torna a casa, una casa nella quale ogni locale diviene una sorta di wunderkammer ove ascoltare ciò che in questi lunghi anni di creazione sonora egli ha accumulato, conservato, lasciato maturare. Ma non si resta poi chiusi dentro, Tiziano non chiude la porta alle nostre spalle, anzi: spalanca le finestre, lascia che l’ambiente esterno entri – l’ambiente peculiare che c’è proprio lì fuori, s’intende – lascia che si compenetri con quanto vi è dentro, che diventi un tutt’uno avvolgendo noi che dentro stiamo. La wunderkammer così si capovolge, per così dire, ascoltiamo l’ambiente ma poi è questo che ci “ascolta”, che ci trasmette infiniti nuovi stimoli propri, singolari, unici: la casa non è punto d’arrivo ma nuova ripartenza, e lo è quale espressione del mondo che ha intorno e col quale si armonizza. Così deve essere: il suono, qualsiasi esso sia, è elemento supremamente libero; non lo si cattura mai, se ne diventa invece testimoni e poi ascoltatori, seguendone l’onda verso nuove mete, nuove risonanze, nuove e ulteriori percezioni acustiche. E lasciandoci guidare da Tiziano Milani, che con “materia” verso di esse ci porta.” Non serve aggiungere altro per descrivere la musica intelligente e originale che da anni Tiziano Milani porta avanti.

01 _ Appartamento 119/I – in evoluzione 24:51
02 _ Rifugio – questo è il presente 15:29
03 _ Materia – solo con la natura 8:15
04 _ A proposito dell’oggettività dello spazio – pensare genera pensiero 18:26

(C) + (P) 2015

Adern X & Tiziano Milani:Cinema Show (XeVor records)

92912.X: Door

The source material for this release is a bunch of field recordings made in a cinema as electroacoustic music is influenced by the theory of editing of cinematography. In current society there’s the slight but relentless departure from the experience in a dedicated and public environment to a private one where perception is disturbed by the environment. The relation between music and image is quite complex as sound deals with the concept of environment: music can be a part of the meaning or just a furniture, and it could be also a distraction, but the focus of the work of this two italian sound artists is the peculiar quality of music to evoke images. The source recordings were processed and layered to make this album sounds like the soundtrack of an imaginary expressionist movie or as an experimental form of synphonic poem.

TIZIANO MILANI: TOUCH (setola di maiale)

TOUCH

DIGIPAK E CDR STAMPATO

Tiziano Milani _ conduzione _ electronics _ field recordings _ manipolazione digitale _ concrete records _ laptop
Koji Nishio _ pianoforte
Hiromi Makaino _ oggetti _ percussioni elettroniche _ ritmi
Lars Musiikki _ contrabbasso _ chitarra acustica
Cristian Corsi _ sax tenore
Lynn Westerberg _ viola

“Il ‘fare’ musica, nel senso tradizionale di suonare e studiare uno strumento, è oggi talmente in svantaggio rispetto alla musica ‘fatta’ che proprio per questo può svincolarsi senza strappo e senza rancore. Questo svantaggio epocale rispetto ai sistemi moderni di composizione-editing musicale digitale e di diffusione digitale, lascia talmente indietro il ‘fare’ musica tradizionale che questo può prendersi tutto il tempo che vuole per fermarsi, riscoprirsi, per rispolverare la sua fenomenologia. Poiché la sua rincorsa è inutile, esso può fermarsi e guardarsi addosso, riflettere, muovendo le mani sullo strumento, come se fosse la prima volta. Non ha importanza se nessuno ascolta.” Piero Antonaci, Etica della Musica.

“(…) La discussione è sempre nell’aria: conoscere o no la struttura della musica, le sue variabili, la sua composizione e gli strumenti per eseguirla. Saperla gestire avendo un carico di conoscenza utile o lasciare che i circuiti del laptop dettino le condizioni cui adeguarsi? In poche parole, avere o no il Tocco? Basta ascoltare questo lavoro di Tiziano Milani per trovare una risposta. Musica di confine suonata da musicisti che sanno accarezzare il silenzio trasformandolo in cinque tracce di purezza contemporanea. Non basta certo un drone in loop per creare certa maestosità concreta che solo strumenti quali pianoforte, chitarra e contrabbasso, sax tenore e viola possono creare se ben diretti. UNA COSA CHE TIZIANO SA FARE ALLA PERFEZIONE.” Mirko Salvadori, Rockerilla 2013.

“(…) Touch conferma lo status di Tiziano quale uno tra i migliori e più apprezzati compositori sperimentali e di ricerca italiani, tanto più che, per questo nuovo lavoro, si è potuto avvalere della collaborazione di musicisti del calibro di Koji Nishio al pianoforte, Hiromi Makaino agli oggetti/percussioni elettroniche/ritmi, Lars Musiikki al contrabbasso/chitarra acustica, Cristian Corsi al sax tenore e Lynn Westerberg alla viola. Il tutto, come detto, sotto l’egida di Setola di Maiale, preziosa e ormai indispensabile fucina di ottima musica contemporanea – e lo si intenda nel senso più artisticamente alto che tale aggettivo può avere. Forse, come sostiene Piero Antonaci, non ha importanza se nessuno ascolta, ma certamente è della massima importanza che vi sia qualcuno, come Tiziano Milani, da poter ascoltare. Fatelo, allora, ascoltatelo. Ne vale davvero la pena.” Luca Rota’s blog, 2012.

“(…) Tiziano Milani sembra aver trovato la chiave di volta per un suono totale, un suono che riesce a far propri i caratteri migliori delle avanguardie del Novecento, senza risentire di quel retrogusto di stantio che sono solite avere quelle musiche che vanno a porsi in territori di confine tra sound art, elettroacustica, droni e improvvisazione. Il fine di Milani è quello di creare una musica site specific, che non sia più (o solo) semplicemente musica nel momento in cui, fondendosi con lo spazio e le architetture in cui va ad essere concepita, diviene altro da sé. Un oggetto che assume una sua identità e che è molto più della semplice sommatoria tra suono e spazio. “Touch” si inserisce in questo tipo di discorsi proponendo una metariflessione sulla fenomenologia del fare musica in maniera “tradizionale”, e sull’affrancarsi dai metodi moderni di composizione che prevedono l’utilizzo esclusivo del digitale. E in effetti l’esperimento risulta più che riuscito. La ricerca sulle timbriche e il modo in cui i diversi strumenti (viola, sax tenore, contrabasso, chitarra acustica, piano, percussioni ed electronics) interagiscono evidenzia uno studio vivo su quel tipo di suoni (droni ed elettroacustica, per l’appunto) che, spesso, concepiti in maniera esclusivamente digitale diventano un semplice quanto noioso simulacro. Anche il silenzio, attorniato e fesso da suoni che recano con sé sangue e materia pulsante, riacquista il senso originario di uno spazio dinamico.” Antonio Ciarletta, Ondarock 2012.

“(…) Some years ago I’ve been introduced to the music of Tiziano Milani thanks to the fact in the wonderful homage to Alvin Lucier, Claudio Parodi put out on Extreme records, the musical fragment used as sound source was sampled from Milani. From then on, this italian electronic composer has collected several works under his belt and the most of them have been released on Setola di Maiale (an experimental, avant jazz, uncenventional music label I can’t but suggest to taste). Funny, but the title itself could suggest one of the labels suitable for a kind of recording like that, infact due to the compositions and for the amount of concrete-electronic sounds used, it brought to my mind some of the most intense and intriguing composers on Touch label. The framework is a classy collage-patchwork of music performed by several jazzy, classic, contemporary musicians, infact the line up of this recording includes: Koji Nishio on piano, Hiromi Makaino on electronic percussion and rhythms, Lars Musiikki on double bass and guitar, Cristian Corsi on Tenor sax and Lynn Westemberg on viola. After having listened to several of his releases I can say Tiziano Milani’s style is clearly distinguishable, infact his magmatic-nightly soup has its own identity. Differently from his previous recordings, Touch has a more contemporary heart and some of the instruments tend to surface from the collage with their own characteristic sounds above all the piano and that’s what may confer a conservatory aura to the whole work. An interesting composer/laptop musician with an identity.” A. Ferraris, Chain DLK, 2012.

“(…) The focus of this release is the role of the electro-acoustics musician as an editor of other people way of playing. Tiziano Milani has constructed his work patiently editing the invited musician’s recordings to adapt them to his musical vision and, instead of relying on the model of the most known pioneer of this process (Phill Niblock), he tries to develop a personal sound. “Love Touch”, the longest track of this records are positioned in the extremes, opens quietly with some sparse sounds of violin and piano add colors to the underlying texture. “Zen and the Art of Piano” features extended cuts from the piano sessions to constructs a dialectics between electronics, field recordings and samples. “In the Silence of a Vain Wait” is almost entirely constructed on resonances and filteres samples to create a meditative soundscape. “Primary Structures”, the shortest track of this record, is based on small samples juxtaposed in a quiet oriental, meaning “in a slowly”, way while “Dark, Dark my Light (16.1.8)”, the longest track, close this record with a quiet and zen intro that remain impassible when the drony soundscape slowly gain volume and presence and guide the listener to a close dialog between the concrete recordings and the contrabass. Quite personal in his development of a personal language based on the fondamental process of electroacoustic music, it’s non an experiment to search new way but the statement of a form to develop (the only truly incomprehensible thing is the presence of the transistor symbol in the cover). Not only for fans of truly experimental music.” Andrea Piran, Chain DLK, 2012

“(…) Il disco esce quest’anno per Setola Di Maiale, l’etichetta del pordenonese Stefano Giust, realtà attenta ormai da anni alle musiche di confine, al jazz e alle sperimentazioni elettroniche. Tiziano Milani è un architetto che prova a collegare la sua disciplina con la musica: una testimonianza è rappresentata dal cd Im Innersten, uscito per la Afe di Andrea Marutti, nel quale in qualche modo parte dalle idee dell’Alvin Lucier di “I’m Sitting In A Room”. Touch, invece, nasce da un confronto tra Tiziano, che si serve di un laptop per la creazione delle tracce, e una serie di musicisti che suonano uno strumento “tradizionale”. Confronto ampissimo, sorto da una riflessione di Piero Antonaci sul “fare musica” oggi quando c’è il computer che apparentemente la fa meglio o almeno uguale, per di più sempre, subito e a basso costo. Nell’articolo pc e musicisti “veri” sembrano quasi in contrapposizione. Milani e i suoi amici, invece, alla fin fine sono autori di questo disco collaborativo, nel quale lui – direttore d’orchestra sui generis – ricombina quanto offertogli dai suoi uomini, il cui “tocco” sarebbe in realtà non riproducibile, inimitabile… come il suo, del resto. La cosa, probabilmente, è anche legata al dibattito sull’improvvisazione, che è uno dei temi affrontati da Setola Di Maiale stessa. Difficili riflessioni a parte, con un po’ di pazienza iniziale, il disco è come un fiore che si dischiude. Non ne serve tanta come per un disco di Köner o López, anche se in ogni caso ci vuole quella testa lì. Superati i silenzi, i movimenti impercettibili e percussioni diradate e sparse, quando Touch si muove su binari, cioè quando si dà una struttura base con loop, drone e altri suoni trattati che creano uno spazio (a proposito di architettura), si avvantaggia anche dell’unicità dell’esecuzione dei musicisti coinvolti, suonino essi un pianoforte sempre sul punto di spezzarsi, uno strumento ad arco (ora grave ora strappalacrime) o lascino riverberare qualche xilofono o triangolo… In quei momenti, con un paio di buone cuffie, si entra in un mondo metafisico e a tratti inquietante. Album buono per chi segue Setola Di Maiale, Entr’Acte o anche realtà come Kranky e… Touch.” Fabrizio Garau, The New Noise, 2012.

“(…) Le architetture sonore, di Tiziano Milani, si affinano sempre più. Quasi al limite dell’impalpabile. Dove, il precedente “The City Of Simulation” metteva tanta (ottima) carne al fuoco, nella sua interazione suono/immagine/parola, “Touch”, si smaterializza in una nube, leggera e vaporosa. Una meditata fase compositiva, che viaggia per sottrazione e progressive, delicate apparizioni materiche. Mai in attrito fra loro. Contrastata luminosità. Fra onirico scorrer, di frammenti/memoria rasserenanti, e languide vampe compresse, di desiderio/visione. Una via di fuga interiore. Che si palesa in traslucide strutture, elettroacustiche/ambient/minimali. Fra passaggi classicheggianti, ambienze spoglie, tiepidi sibili dronanti, texturali esposizioni di ticchettanti contatori/geiger e cameristiche apparizioni acustiche. Assemblato in fase di post produzione, “Touch”, si avvale degli interventi, trattati/riassemblati, di Koji Nishio (piano), Hiromi Makaino (oggetti, percussioni elettroniche e ritmi), Lars Musiikki (contrabbasso, chitarra acustica), Cristian Corsi (sax tenore), Lynn Westerberg (viola). Oltre allo stesso Milani, fra conduzione, elettronica, field recordings, manipolazioni digitali, laptop, emissioni concrete e registrazioni. Un’aggregazione di piccoli frammenti, che rilascia una gran scia chiaroscurale. Non così buia la notte, non così a fuoco la luce.” Marco Carcasi, Kathodik, 2012.

“(…) Sperimentatore attivo sin dagli anni novanta, Tiziano Milani ha sviluppato la sua ricerca utilizzando il suono come asse portante di architetture complesse, collocabili nella sfera dello spazio psichico. Per lui la composizione è essenzialmente un lavoro di assemblaggio e la sua tecnica è perfettamente sintetizzata in Touch, album nel quale scompone il contributo dei vari strumentisti (dal piano alla viola, dalle percussioni al contrabbasso) in frammenti che pur appartenendo ad un unico flusso organico, di volta in volta si compattano dando vita a macro-strutture di notevole fascino e fortemente evocative.” Massimiliano Busti, Blow Up, 2013.

“(…) Touch cerca di cogliere la sostanza cellulare dei temi: profondamente immerso nell’ambient music dronistica, il lavoro di Milani si avvicina a quello di scultori di suoni come Loscil o Tim Hecker, con una grado di di rumorosità in più: in “Love touch” si odono suoni estemporanei, sibili da scarto erratico, catarsi da glitch prolungato, frammentazioni che raccolgono le ceneri di qualcosa che si è rotto e forse anche un fondo di ottimismo rivelato da un drone poco pronunciato, confermato da un finale quasi trascendentale (nel solco di un Roach più sporco nei suoni); “Zen and the art of piano” mixa abissi spirituali sonori di matrice orientale con dinamiche ricavate dalla solita ricostruzione inarmonica di rumori, dove le poche note di piano modellate su Satie gettano il ponte personale di Tiziano sulle integrazioni sonore e di civiltà delle due parti di mondo (oriente ed occidente);”Primary structures” prova a delineare l’impatto biologico e fisico della materia: rumori spettrali che accompagnano modificazioni genetiche non preventivate, con scampoli di elettronica condivisa tra Stockhausen e quella europea degli anni settanta; “Dark, dark my light” è un episodio dove le campane richiamano la voglia di sperimentare suoni in un campo inflazionato dove però la particolarità del drone composito è sottolineata da una viola “implacabile” che sembra richiamare la rotta di una nave come simbolo di una rinascita.” Ettore Garzia, Percorsi Musicali, 2013.

01 _ Love Touch 17:00
02 _ Zen and the Art of Piano 09:34
03 _ In the Silence of a Vain Wait 10:55
04 _ Primary Structures 07:54
05 _ Dark, Dark my Light (16.1.8) 20:42
>> TIZIANO MILANI / LUCA ROTA: THE CITY OF SIMULATION (14 audio-visual poems) – (setola di maiale)

FOLDER CON CDR STAMPATO

Tiziano Milani _ suoni
Luca Rota _ testi

Questo disco contiene 14 files Mp3 (pari ad oltre 3 ore e mezza di musica!) con i suoni di Tiziano Milani e 14 files Jpeg, con testi ed immagini impaginati ed elaborati da Luca Rota.

Il testo che segue è la presentazione al lavoro del duo, contenuta anch’essa nel disco come file PDF. “Città, ventunesimo secolo, anno 2009: disteso corpo tentacolare di altissimi edifici, altri ancora più alti in costruzione – in ostruzione inveterata della vista verso l’orizzonte del tempo, scenografica sky-line dominante e di sotto un labirintico reticolo di incroci confluenze analogie di innumerevoli parole come altrettanti edifici d’una città sovrapposta e sopra ancora quelle dei discorsi di chi ha “vinto” il privilegio di vivere al di sopra della nebbia che tutto avvolge – anche e soprattutto quando nebbia non ce n’è… Cos’è la città, oggi? Cos’è la vita in città? – realtà, finzione, sceneggiatura, elegia, dramma? Le strade del centro città sembrano lastricate di denaro, ma due svolte oltre i rilucenti viali alberati grigi muri di periferia infondono (in)urbana soggezione nello spirito, e accanto ad essi, ai piedi dei divieti di scarico immondizie, l’antinomia diventa completa. La mappa urbana traccia gli sfondi di una anomala scenografia post-moderna, mentre il cielo al di sopra si fa’ cupo di tutte le parole spese da un copione senza più filo logico: occorre ritrovarlo, ricuperarlo, ritornare a che i passi compiuti nel traversare il corpo della città siano nuovamente linfa per esso, non più liquido di suppurazione… Vivere nella città, la città come propria realtà, la propria vita come vita della città – o languire come inutili figuranti nella sfigurata Città della Simulazione…”
La Città della Simulazione – I Testi (punto critico). Come scrivere della città post-moderna, il non luogo per antonomasia della contemporaneità ovvero quell’ambito pseudo-urbanistico conformato(si) in modo da finire per simulare sé stesso, smarrendo ogni proprio senso urbano/sociologico e imponendo un identico smarrimento a qualsiasi cosa vi si trovi all’interno – dunque, potenzialmente, alle stesse parole con le quali di essa si vorrebbe scrivere? La città della simulazione dissimula anche il senso di termini e concetti dai quali si fa’ scrivere, raccontare, rappresentare, e sui quali poggia molto del proprio preteso prestigio urbano? Probabilmente sì, ne travalica e confonde i significati così come, nello stesso modo, supera il confine tra vita e rappresentazione proprio in quel citato atto di simulazione di sé stessa e, per imposizione, di ogni altra cosa sia parte di essa, volente o nolente… La parola, dunque, deve in qualche modo sfuggire dal tentativo di simulazione e dalla “normalizzazione” espressiva che ne deriva, ovvero deve conservare in sé la capacità di saper ancora rappresentare la vita, prezioso atto di percezione e di comunicazione le più ampie possibili della realtà e delle sue evidenze, privo di finzione, di mistificazione a fini di mera estetizzazione ludica… Ciò che, io credo, abbia saputo fare nel corso del Novecento la poesia d’avanguardia (dalle prime sperimentazioni pre-futuriste fino alla cosiddetta Terza Ondata), in un percorso evolutivo in qualche modo parallelo come direzione al mutamento della città – da moderna/contemporanea a post-moderna – ma divergente come rotta, appunto nel tentativo di conservare il giusto punto di vista sulla realtà e il più proficuo contatto con la quotidianità del vivere sociale odierno e i suoi protagonisti (noi stessi società di individui – o teoricamente tale…), attraverso un linguaggio contemporaneo ancora ricco di senso, di sostanza, e parimenti innegabilmente poetico, posto un gradino sopra l’affabulazione massificata confusa e caciarona, non linguaggio così funzionale al non luogo che è la città della simulazione. Questo è stato il principio da cui mi sono mosso, e il veicolo utilizzato per addentrarmi tra i meandri della urbanità post-moderna, veicolo che ho cercato di riadattare alle vie e alle strade contemporanee con un linguaggio coevo, multiforme ed eclettico ovvero plastico, duttile come lo è – nel bene e nel male – la contemporaneità urbana; ma, per ancor meglio contestualizzare ed far risaltare le parole utilizzate, il loro senso e valore, elevandole e allontanandole da quelle altre tante parole futili e inutili che impregnano l’aria della città post-moderna, ho scelto di visualizzare i testi, tipograficamente e iconograficamente in modo più meno intenso, creando composizioni visive nelle quali i linguaggi utilizzati dialogano tra di loro, oltre e prima che con chi se li trova di fronte e li fruisce, in uno stretto connubio di parole e immagini (tratte in buona parte dal web, non luogo oggi divenuto ben più luogo di tanti altri) non confondibile, e quanto più possibile funzionale al comune messaggio di fondo. Da Nella Città della Simulazione, in cui lo stile a metà tra prosa e poesia è ponte ideale tra passato/moderno e presente/post-moderno, si passa per Skyline, testo di poesia visiva nell’accezione più tradizionale ma al contempo assai iconico, e ci si “orienta” con la Mappa della Città, endecasillabi visuali solo all’apparenza disposti casualmente… Divieto di scarico immondizie mostra visivamente la corruzione dell’originaria estetica urbana, mentre Denaro rende palese il cortocircuito sociale in essa e tra le sue parti costitutive odierne, le quali, in Vita in Città, non sanno far altro che assoggettarsi sciattamente al suo stato di fatto. Anche per questo le parole che animano verbalmente la città post-moderna, in Incroci confluenze analogie, sono inutili al punto da palesare la verità che viceversa vorrebbero celare, ma in fondo riflettono l’analoga vuotezza e ipocrisia dei “leader” cittadini di Salutiamo con applausi e allegria; parole inutili nonché, come detto, tante, troppe, al punto da impregnare l’aria e oscurare Il cielo sopra la città, finché la Nebbia cala su ogni cosa, ottenebra la fremente ma grigia vita cittadina (tono su tono, in fondo…) lasciando coglierne solo pochi frammenti, eppure in qualche modo assai esplicativi; è tempo di riflessioni, quasi di colpo e inopinatamente amare pur nella continua spinta a primeggiare e andare oltre di un’esistenza irrefrenabilmente In c-ostruzione… Nella composizione prettamente visuale di Centrocittà risalta nuovamente tutta la spinta urbanocentrica e antisociale della città post-moderna, ma forse, pur nel conseguente degrado che le periferie cittadine rendono così palese e drammatico, un Muro di periferia lascia scaturire la speranza (in un sonetto classico) che non tutto sia simulabile, che un domani di maggior grazia sia possibile, un futuro verso il quale muoversi sui propri Passi, perché la città è tale grazie ai suoi cittadini e non viceversa, dei quali cittadini/cittadinanza sarà pur simulabile l’esistenza, ma non lo è la vita del cittadino, del singolo individuo, l’essere umano.
La Città della Simulazione – I Suoni (punto critico). John Cage: “Ora non ho più bisogno di un pianoforte: ho la 6th Avenue, con tutti i suoi suoni. Traduco i suoni in immagini, e così i miei sogni non vengono disturbati. Semplicemente si fondono. Una notte scattò l’allarme di un antifurto e mi meravigliai perché il suono proseguì sempre molto intenso per almeno due ore, crescendo e calando, in modo quasi impercettibile, in altezza. E nei miei sogni assunse una forma delle curve delicate, come quelle di Brancusi. La cosa non mi infastidì affatto”.
L’idea originaria de La Città della Simulazione è stata tratta dall’omonimo capitolo del volume di Giandomenico Amendola “La città postmoderna – Magie e paure della metropoli contemporanea”, Laterza – Bari, 1997, IV ed. ampliata 2003.
Sul web: http://www.lacittadellasimulazione.com; Luca Rota: http://www.lucarota.it; Tiziano Milani: http://www.myspace.com/milanitiziano.
Successivamente alla pubblicazione di questo lavoro, sono stati estrapolati alcuni momenti sonori per essere riadattati e divenire l’ideale colonna sonora di un corto dedicato alle terre al margine (periferie urbane). Il corto, escluso dal Locarno Festival (!) e Asolo Film Festival (!) perchè ritenuto “troppo sperimentale” per i loro canoni, verrà proiettato per la prima al Salento Film Festival, a cui va tutto il nostro plauso.

“(…) Oggi l’architettura intesa come disciplina partecipa a vario modo nell’organizzazione della musica: nonostante forme sempre più sofisticate di pensiero, l’avvicinamento di quest’ultima alla materia tecnica viene principalmente affrontata in due modi; da una parte si è instaurato un legame tra la musica e il luogo ove essa viene svolta (piazza, auditorium, rivisitazioni di costruzioni adibite per altri scopi, etc.) che dà origine ai cosiddetti sound designer e a coloro che si occupano della gestione degli “ambienti” di suono; dall’altra il legame è subdolo e strettamente correlato alla composizione: si tratta di rappresentare attraverso la musica un tema che ha motivazioni e fondamenti nell’impianto di regole tecniche dell’architettura: in questo melange di artisti senza categoria musicale troviamo molti musicisti ed autodidatti che grazie all’uso del computer ricostruiscono “ambienti” di suono che sono lo specchio di una voglia di rappresentare “costruzioni” sonore figlie di un immaginario paesaggio da ricostruire o semplicemente per segnalare le incongruenze della società civile. Tiziano Milani ha recentemente pubblicato un paio di cds esplicativi degli scempi architettonici e della desolazione urbanistica che sovraintende ai rapporti umani, cercando di creare dei collegamenti con la musica: in “The city of simulation” raccoglie 14 lunghi brani (teoricamente abbinabili ad immagini da lui progettate per fornire il transfer in musica) che esprimono il degrado dei centri storici di tante grandi città del mondo nonchè quello di alcune periferie importanti: il tema, invero trattato già in scala più vasta da molti musicisti affiliati all’elettronica e alla computerizzazione sonora, si sviluppa in un percorso musicale che non è compiacente, è a tratti oscuro e senza soluzioni di breve, ma ha la pretesa e la speranza di avere un “…domani di maggior grazia possibile…”; la frammentazione e poi la ricomposizione di Milani si basa su un approccio isolazionista limitato, che tende a mischiare l’aspetto oscuro con il valore del suono, dove quest’ultimo deve rappresentare comunque una realtà…” Ettore Garzia, Percorsi Musicali, 2013.

“(…) Cos’è cambiato da quando i massimi avanguardisti del secolo scorso – Walter Ruttman con “Berlin, Symphonie einer Grosstadt”, Bruno Maderna e Luciano Berio con “Ritratto di Città”, per fare dei nomi – dedicavano a un organismo pressoché ancora sconosciuto come l’agglomerato urbano – organismo che andava via via caoticamente conformandosi sotto i loro occhi increduli – suoni, immagini e visioni? Da un punto di vista teorico, tantissimo: il Situazionismo prima, il postmodernismo, poi, si sono adeguati al ritmo frenetico delle trasformazioni che hanno interessato la città del dopoguerra intesa più come luogo dell’animo che come avamposto geografico. È proprio a queste due correnti di pensiero che sembra ispirarsi, direttamente o indirettamente, il nuovo lavoro del sound-artist Tiziano Milani, qui affiancato dallo scrittore e conduttore radiofonico Luca Rota. 14 files mp3 – pari ad oltre 3 ore e mezza di musica – con i suoni del primo e 14 files jpeg, con testi ed immagini impaginati ed elaborati dal secondo, incentrati sul concetto fanta-sociologico di “Città della Simulazione”, “non-luogo per antonomasia della contemporaneità […] che dissimula anche il senso di termini e concetti dai quali si fa scrivere, raccontare, rappresentare”. Proprio per questo, una sfida quasi impossibile, ma affrontata con coraggio e gran classe. 7/10” Vincenzo Santarcangelo, Rockerilla n.357, 2010.

“(…) Un progetto molto interessante quello che mi trovo fra le mani, infatti a dispetto delle molte baggianate che cercano di darsi uno spessore elencando nomi di intellettuali a caso o presunte ispirazioni colte, questo progetto è realmente multimediale e seriamente ispirato ad un’idea molto forte. Si tratta di un lavoro multimediale in cui i testi di Rota e le musiche di Milani tratteggiano il profilo del “Vivere nella città, la città come propria realtà, la propria vita come vita della città – o languire come inutili figuranti nella sfigurata Città della Simulazione…” come Rota lo definisce. Un lavoro splendido in cui forse l’unica cosa che non convince fino in fondo sono alcune delle immagini, non perché si tratti di immagini mediocri, ma per il puro e semplice confronto con i testi di Rota che sono molto interessanti e con la musica di qualità di Tiziano Milani, che si è mantenuto sui suoi soliti ottimi livelli. Per il musicista lombardo la partecipazione ad un progetto del genere era quasi scontata, non parlo tanto del fatto che credo sia architetto, ma più dell’idea di colonna sonora documentaristica che mi hanno lasciato molti dei suoi lavori. Immagini notturne o spazi geometrici vuoti, quand’anche ci fossero degli esseri umani sarebbero comparse in uno scenario dove l’ambiente urbano ed il suo contesto diventano i protagonisti principali: un tributo alla città in cui ogni traccia si accompagna ad un’immagine in cui viene disposto uno dei testi di Rota. L’effetto globale non è molto diverso da quello di alcune istallazioni che mi è capitato di vedere, l’unica differenza è che forse la musica di Milani potrebbe vivere di una propria vita autonoma. Quattordici tracce per altrettanti testi, ed ognuna di esse di lunghezze diverse con più tracce che superano i venti minuti, non per nulla Milani ha scelto il formato mp3 per accompagnare i jpeg che troverete all’interno di questo dischetto. Musica in bilico fra l’elettronica e la sperimentazione, spesso si tratta di campioni o di improvvisazioni rielaborate, fra le varie tracce sono persino riuscito a riconoscere Ghotam Lullaby di Meredith Monk (e per questo credo di meritarmi il peluche in fondo al tirassegno). Suoni astratti ma ancora molto espressivi, un po’ come quelli degli appartamenti che nonostante il loro grigiume spesso nascondono storie molto diverse “Vivere nella città, la città come propria realtà, la propria vita come vita della città – o languire come inutili figuranti nella sfigurata Città della Simulazione…”. A. Ferraris, Sodapop 2010.

“(…) The City of Simulation / La Città della Simulazione trae lo spunto da un illuminante volume di Giandomenico Amendola, “La città postmoderna – Magie e paure della metropoli contemporanea” (Laterza, Bari, 1997, IV ed. ampliata 2003) ed in particolare dal capitolo omonimo del progetto, nel quale Amendola evidenzia come la città contemporanea o post-moderna, appunto, si sia sviluppata (ovvero sia stata sviluppata, cioè progettata e plasmata dagli architetti/urbanisti d’oggi) in modo da indurre il suo abitante a vivere una vita cittadina non più propria e ‘naturale’ ma sostanzialmente dissimulata, come l’attore su di una scena teatrale: un abitante suggestionato al punto da divenire paradossalmente consapevole della maschera indossata, e dunque bisognoso di una scena sulla quale recitare la sua nuova e artificiosa vita quotidiana.» Premetto che non conosco il testo di Amendola, visto l’argomento trattato ho l’impressione che lo troverei parecchio indigesto, e quindi non mi addentrerò nei rapporti fra quel saggio e le quattordici poesie audio-visuali delle quali mi occupo in questa recensione. Premetto anche che questa è la prima volta che mi imbatto nel nome dello scrittore Luca Rota, e quindi almeno una parte di questo complesso lavoro (oltre alle premesse che l’hanno generato) mi trova impreparato. Per approfondire la conoscenza dello scrittore vi invito comunque a visitare il suo sito cliccando nel link riportato sopra. Rispetto alle 14 immagini con le quali Rota contribuisce a quest’opera, si tratta di assemblaggi costituiti da parole, foto e/o disegni. Le parole a volte sono disposte in periodi piuttosto estesi, altre in brevi frasi e altre ancora in forma scempia. La disposizione e la struttura dei testi varia a seconda del tema trattato, andando così a impostare una strutturazione descrittiva più nell’aspetto grafico che nel significato letterale delle frasi. Faccio due esempi: in Divieto di scarico immondizie le parole iniziano ad un certo punto a perdere delle lettere, e queste lettere carambolano verso il fondo pagina dove è riprodotta una ruspa pronta ad accatastarle («…Terrazza dal panorama bellissimo / Altissimo campanile gotico / Caotico passeggio tra gremiti bar / Bazar che ric rda antichi traffici / Edifici di rinomati ar hitetti / Tetti di tego e rosse che s’alz no…», mentre in Muro di periferia il testo è scritto nell’immagine del muro con un carattere che ricorda le scritte dei graffitisti, e all’interno del testo vengono inseriti anche alcuni dei simboli da questi maggiormente utilizzati. I testi si solvono nelle immagini fino a convertirsi in immagine essi stessi. Le icone utilizzate sono state in prevalenza scaricate dalla rete, a ricordarci quanto multimedialità, interattività, cut up e riciclaggio siano ormai gioco comune. Non sono in grado di dare un giudizio, che vada al di là del mi piace / non mi piace, a questa parte dell’opera, ma riporto alcuni dei lavori in margine alla recensione (naturalmente in pixellaggio molto inferiore) affinché possiate rendervi conto, seppure vagamente, di cosa si tratta. La parte musicale è chiaramente quella di mia maggiore pertinenza, anche perché conoscevo già qualche lavoro precedente di Milani (su Setola e Afe), e mi sento di affermare che il musicista lecchese ha realizzato un piccolo capolavoro sia per equilibrio sia per intensità. Paesaggistica sonora è la definizione che trovo più appropriata per queste musiche, ma si tratta di una paesaggistica più evocativa, perfino con un certo sarcasmo, che descrittiva. In Salutiamo con applausi e allegria, ad esempio, non si ascoltano né bande paesane, né fuochi d’artificio e né festeggiamenti d’alcun tipo, ma una specie di coro che inizia celestiale e si trasforma poi distorcendosi e inacidendosi. In c-ostruzione, altresì, non presenta suoni di gru e carpenteria (o almeno non li presenta al loro stato puro), ma è fatta di ritmi, linee e punti, ripetitivi e minimali. Divieto di scarico immondizie si presenta in un abito da sera quasi jazzy. Talvolta, come in Passi, il mood sembra farsi maggiormente descrittivo, senza però mai allinearsi a quel concretismo da ‘cinema per le orecchie’ tipicamente francese. Sembra di sentire echi dell’ambient (quello più urbano) di Brian Eno, delle avventure più giocattolose di John Cage, del dub sciancato di Mark Stewart, dei concretismi oscuri di Christoph Heemann, della minimal techno dei Pan Sonic e di Thomas Brinkmann. La formula scelta, un CD che contiene suoni in formato MP3 e immagini in formato JPEG, permette una dilatazione che mi ha fatto pensare ai passati esperimenti per creare una musica ‘infinita’ (la sola Skyline dura intorno ai 50 minuti). Nonostante la messa in opera di più mood espressivi e di più metodi riproduttivi non userei comunque per “The City of Simulation” l’abusata definizione di opera multimediale, preferendogli di gran lunga quella di split plurimediale. Nella multimedialità, come finora s’è espressa, un singolo od un gruppo sviluppava un’opera unica nella cui realizzazione e nella cui fruizione entravano in ballo più forme espressive e mediatiche. Milani e Rota hanno lavorato disgiunti ed in autonomia alla creazione di due realizzazioni in grado di dare una risposta personale allo stesso tema, ma comunque dissimili per quanto riguarda la sensibilità dei loro autori e i percorsi creativi utilizzati. Qualcosa di nuovo? Mi sembra di sì. La strada verso la compilation plurimediale sembra ormai aperta.” Mario Biserni, Sands-zine 2010.

“(…) 14 poemi audio-visual, intorno e dentro il concetto di città. 14 Mp3 e 14 Jpeg, che vanno a formare un tutt’uno, suono/testo. Oltre tre ore di musica, ed infinite letture/riletture che s’interrogano sulla valenza della forma città odierna. “Città, ventunesimo secolo, anno 2009: disteso corpo tentacolare di altissimi edifici, altri ancora più alti in costruzione – in ostruzione inveterata della vista verso l’orizzonte del tempo, scenografica sky-line dominante e di sotto un labirintico reticolo di incroci confluenze analogie di innumerevoli parole come altrettanti edifici d’una città sovrapposta e sopra ancora quelle dei discorsi di chi ha “vinto” il privilegio di vivere al di sopra della nebbia che tutto avvolge – anche e soprattutto quando nebbia non ce n’è… Cos’è la città, oggi? Cos’è la vita in città? – realtà, finzione, sceneggiatura, elegia, dramma? Le strade del centro città sembrano lastricate di denaro, ma due svolte oltre i rilucenti viali alberati grigi muri di periferia infondono (in)urbana soggezione nello spirito, e accanto ad essi, ai piedi dei divieti di scarico immondizie, l’antinomia diventa completa. La mappa urbana traccia gli sfondi di una anomala scenografia post-moderna, mentre il cielo al di sopra si fa’ cupo di tutte le parole spese da un copione senza più filo logico: occorre ritrovarlo, ricuperarlo, ritornare a che i passi compiuti nel traversare il corpo della città siano nuovamente linfa per esso, non più liquido di suppurazione… Vivere nella città, la città come propria realtà, la propria vita come vita della città – o languire come inutili figuranti nella sfigurata Città della Simulazione…” Questa, la presentazione dell’opera contenuta nel cd. Della parte che maggiormente c’interessa in questa sede (il suono…), bisogna dire sin da subito, che elude, ogni semplice visione rumoreggiante. Ad un’esposizione semplicistica, Tiziano Milani, oppone una scrittura complessiva, senz’altro descrittiva, ma capace, di sgambettar liberamente con le proprie gambe. La mole di materiale presentato in quest’occasione, spazia agilmente, fra ambient nebbiosa (Biosphere o BJ Nilsen circa…), aperture luminose e cangianti (un intenso sprigionarsi di umori Popol Vuh), circumnavigazioni intorno ad ipotesi minimal dub (Thomas Brinkmann o qualcosa del miglior Pole). Elettroacustica fatta di carne e pane quotidiano, che irradia un umano senso di senso di spaesamento isolato, tutt’altro che minaccioso. E poi ancora, sottili refoli, prossimi al jazz, ad infarcire il tutto. Ottimamente congegnato, l’insieme, si offre a frequenti immersioni sensoriali, che poco offrono alla stanchezza. E di fronte alla complessità del tema affrontato, questa, è una questione non indifferente. Le parole, aprono dubbi ed ipotesi, che vi consiglio, di approfondire, su: lacittadellasimulazione.com, e lucarota.it. L’amaro in bocca, lo lasciano invece, le immagini scelte come compendio di suoni e parole. Banali e di scarsa qualità, quasi pescate sbadatamente sul web. Non s’involano mai verso l’alto e non offrono nessun valore aggiunto. Ma il giudizio complessivo, non vien intaccato più di tanto, da questo neo pur consistente. Opera coraggiosissima, di elevata qualità, e inusuale concezione. Potrebbe esser additata da esempio nel futuro. Santa Setola Di Maiale vien da dire per l’ennesima volta. (Fatela divenir anomala strenna natalizia, l’effetto potrebbe esser niente male).” M. Carcasi, Kathodik 2010.

“(…) This album is composed of 14 track by Tiziano Milani and 14 images/text by Luca Ruta. One concept is the foundation of this record: the description of the contemporary city. Simulation is a term to be intended in the Baudrillad sense: the invisible, and real, part of the city is what lies behind the flashy skyline that is the standard for all the (post)modern cities. As Rota says in the linear notes “the word must cheat the attempt of simulation and of expressive “normalization” that comes from it somehow, or it should still retain inside itself the ability of representing life”. Their aim is to describe a path beneath all the elements of the way of life in this simulation, so, this is an ambitious work and not a mere collection of text and tunes.The journey starts with “La città della simulazione” where drones, field recordings and vinyl crackles are paired with the lyrical description of a city where everything has become false and a picture of buildings at night. “Skyline” continues this journey with the same elements showing an enormous cure for sonic details while the words typesetted as a skyline deals with the concept of a (false) elevation. “Divieto di scarico immondizie” take his point with letter falling like bread crumbs and sparse sound of various nature. “Denaro” is based on carillon sounds, eroded by noise, paired with a powerful text about the relationship with money in the boroughs of the city. “In c-ostruzione” is a beat driven track ending with the sound of a spin-drier where the text deals with the work driven economical climbing. “incroci confluenze analogie” features words and sounds everyone knows. “Muro di periferia” is urban poetry nourished by field recordings and abandoned buildings. “Salutiamo con applausi e simpatia” is a bitter, tongue-in-cheek, reflection on politics. With “Nebbia” comes the same idea behind writing: cover the ugliness of urban landscape. “Passi” is, in the author’s intentions, the closing track and there’s some form of hope: city exists from, and built by, citizen … this means it can be changed; the music underline this idea with the sense of movement generated by beats and voices. There’s a constant dialogue between music and words, in this way this work has a sense of unity that set the text not as “linear notes” or the images as “packaging”, but, as a guide to comprehension. However, the track has no numbers (the mp3s are titled only and the track number tag is empty) so, implicitly, everyone can take his own path to this work. This is not an easy listening record, this is just like a city you have to explore using the time it needs. This is a work of great design and depth, and one of my album of the year. Highly Recommended.” Adern X, Chain D.L.K.

01 _ Centro-città 4:31
02 _ Denaro: quartieri di città 12:08
03 _ Divieto di scarico immondizie 23:53
04 _ Il cielo sopra la città 15:52
05 _ In c-ostruzione 12:55
06 _ Incroci confluenze analogie 20:49
07 _ La città della simulazione 21:29
08 _ Mappa della città 8:29
09 _ Muro di periferia 7:07
10 _ Nebbia 23:12
11 _ Passi 5:53
12 _ Salutiamo con applausi e simpatia 11:57
13 _ Skyline 50:36
14 _ Vita in città 14:29

Tiziano:milani:Riflessione Compositiva di Assemblaggi Possibili(farmacia901 rec)

While in previous works the research of the relationship between space and sound took place in real environments — where the sounds were put in a room to analyze the acoustic properties of walls and objects — this time Tiziano Milani wants to play a game, grounding his stand on an architectonic project yet to be realized, existing only on paper.

In brief:

1. Identifications of an architectural design and evaluations of a room
2. Choice of the sounds that have to interact with the space inside the room
3. Use of the room characteristics to develop the sounds, digital manipulations (reverb and other effects)
4. Composition of the workpiece on the basis of the developments of the project plant.

The linguistic musical tissue of this sound track is characterized by timbric, rhythmic and formal elements which tending to an expansion and cohesion of the sound framework. In this work the external sounds and noises, usually excluded from the musical enjoyment context, are recovered and integrated in the sound track to give the starting point material for the construction of the composition. The title evokes the figure of the two-faced mythical divinity, represented by the biparted division of the sound track. There are lots of strident moments and savage rhythmic movements into these sounds, even if one can be found moments of great quietness due to the resonances textures. The second part is completely realized by ascending and descending variations of acoustic instruments giving an atmosphere of tumultuous turbulence. The presence of asymmetrical elements gives an aleatory sense. What this work tries to find is an indeterminate way to compose.

Tiziano Milani is an acoustic architect with different releases at his active: CD-Rs on Setola di Maiale and A.F.E., free Mp3s on Chew’z net-label, etc. He collects casual sounds and in some cases they are generated by touching, beating and breaking contact-miked objects. His works are the results of an alchemy produced by the mix of many layered sound sources. Also the track you find on RIFLESSIONE COMPOSITIVA DI ASSEMBLAGGI POSSIBILI born in that way and even if by saying that the result is a mix of tiny elements, it doesn’t sound like an experimental casual mishmash of things. Tiziano is really good at using cracking noises, hisses, metal clanging sources and droning or humming sounds and the fifty four minutes of the track form an interesting and always mutating suite where noises and melodies coexist. The CD-r is limited to 50 copies and you can check an excerpt at the label’s website.

Maurizio Pustianaz . Chain DLK


Farmacia 901 is an experimental avantgarde record label exploring a different sound plane, – where the reading key of its Artists seems to me always being like ‘more conceptual than musical’. Let’s say that a song is made of sounds, but sounds can also not make a song. – So let’s take Tiziano Milani: – He defines himself as an acoustic architect (or maybe He just is!), He works on micro-sounds like particles of a structure, something visible and at the same time intangible, multilayered minute movements of minimal drone Music, and – conceptually – realizes an imaginary installation designed to transform the sound perception of a room into something digitally artistic and interactive once You’re in.
Of course, if I didn’t have read the three lines of the press release to light me this concept, I might have just written the usual things: experimental electronic Music, meditative, post-concrete recording, glitch, digital sound synthesis. And, actually, that’s it. But, like when You visit an art installation, often You need to read the guide lines to discover the original meaning behind the object itself, that, – as said above, – it is often more conceptual than musical.
Anyway, about one hour into the duty pharmacy, Time slips fast and pleasantly alienating, – the exhibit was worth the price of admission.

Paolo Miceli . Komakino ‘Zine

t

:tiziano:milani:Im innersten (aferecords)

Milani‘s music was released on CD-R by Setola di Maiale (“Chamber Music For Screeching and Artificial Insects” and “Music As a Second Language“) and as freely downloadable Mp3s by the Chew’z net-label (“SuoniOggettiRisonanti“).

“Nothing in the sounds I pick up is affirmed with will and enterprise, but rather whispered or murmured almost by chance, just like a conversation unintentionally heard on a subway train, or accidentally eavesdropped through the wall of an hotel room. The approach to sounds must not be simplified because every single sound is nothing but a small part of a whole which should be considerated in its own theoretic – and then mechanic – execution. Several different stages of work are stratified in every single piece (contemporary or not). In some cases sounds are generated by touching, beating and breaking contact-miked objects. In other cases, they are the results of manipulated fluxes. In the audio tracks everything is deposited like in a melting-pot than receives and mixes alchemies. The work on sounds involves differect aspects such as improvisation, which is seen like the ecstasy of the moment, like a synthesis between meditation and execution, contemplation and composition, but also a sense of void. The improvisation, the play by meaning of coincidences and casualities, are elements so important that resolve themselves in the idea of process / performance. One of the techniques I use consists into a stratification of the musical form, through which the same elements can have a different expressive function. This kind of “formal deepness” allows to move from the “background” element to the note / musical element in the “foreground” with continuity.”

Im Innersten” is conceived as a continuous flux where “all events coming from a different origin interact with each other so that each of them contains all the others in itself”. Intervention is focused on the sound/space relation.

The research operated inside a reverberating room is an important experience in this relation: rebuilding sonic objects starting from electronic and acoustic improvisations through the properties of “differently musical” objects that have “sensible” distinctive sound features. Part of the sounds of “Im Innersten” were obtained in such a way.

Research was developed through standard operations meant to measure the acoustic absorption level (UNI ISO 354/89) of different materials (blocks, panels, etc.).

The analysis of the absorbing “power” of materials consist of procedures that are complex and exciting at the same time because of the improbable repetitivity of the measure themselves. Variants are many and seldom reproducible.

Sample materials were put on the floor and the “improvised” sounds were introduced inside the room and then “recaptured” with their new properties (reverb times) by six microphones.

Variation of the reverb time, due to the materials absorbing properties, is the main subject of such a sonic alteration. The resulting sounds were then assembled in a studio.

Reviews:

“Tiziano Milani presenta questo suo nuovo lavoro come “un flusso continuo dove tutte le cose e tutti gli eventi di diversa provenienza interagiscono tra loro in modo tale che ognuno di essi contiene in se stesso tutti gli altri”… Una ricerca fatta di suoni tenui improvvisati e il loro riverberarsi nel “colpire” diversi materiali fonoassorbenti. La mancanza di maggiori dettagli del lavoro o di una versione visiva di ciò che è poi la vera ricerca di Milani ci porta ad accontentarci dell’assemblaggio audio finale di questi diversi studi, con un sapore esteso dell’attesa, una sorta di musica improvvisata ambientale. Opera “aperta” abbandonata sul fondo, tra aloni ed echi di musica concreta.”
Live Electronics [more]

“…Milani muovendosi in totale autonomia sta andando sempre più alla deriva nel suo suono, perché sì, che ci crediate o no, questo lombardo ha sviluppato un suono autonomo ed in un ambito para elettronico direi che ci sarebbe da gridare al miracolo anche solo per questo… Se stessimo parlando di classica contemporanea potremmo menzionare quell’eroe totale di Morton Feldman senza alcun timore e non è proprio un caso dato che con alcuni momenti di questo e di altri CD di Tiziano Milani non ci sta neppure male, diciamo che i lavori di questo architetto a tratti risultano in sospensione fra l’elettronica e la musica contemporanea: un po’ come se le simmetrie sinistre di Feldman fossero state meno dilatate, più silenziose… Un senso di vuoto o forse semplicemente un senso d’inquietudine tutto notturno, ma che arriva e si dirige dentro alla pancia…”
Sodapop [more]

“Tiziano Milani’s “Im Innersten” consists of three long-form pieces, elegantly fusing organic minimalism with something that approaches clicks’n’cuts territory. Milani capably splices delicate textural glockenspiel with a rangy pallette of bleeps and blips, field recordings, and subtle harmonics. The overall feel is sedately paced, crisp and beautifully executed. Perhaps one of my favourites of this handful of releases. Fine stuff indeed.”
White_Line [more]

“The name Tiziano Milani is a new name for me, although he has some releases on Setola di Maiale and Chew-Z… He likes muffled sounds, far away, recorded through the walls. This results in three long tracks which work as endless streams of sounds, rather than a fixed composition of specific sounds. This makes it hard to focus on the end result – the composition – but like Hudak, it seems that its much more three pieces of undirected ambient music. Whereas Hudak limits his sound source to one specific recording, Milani works with a multitude of sounds, which move about on end, but the end result is like Hudak: music to do your newspaper reading, cleaning or just sit back and relax. Also nice, certainly if you play these in a row.”
Vital Weekly [more]

“Con ben due pubblicazioni su Setola di Maiale (“Music As a Second Language” e “Chamber Music For Screeching and Artificial Insects”) Tiziano Milani è ormai uno di quei musicisti che si sono ritagliati uno spazio ben definito all’interno dell’italico microcosmo, quindi appare come cosa sensata e ponderata la decisione di un Andrea “Afeman” Marutti che gli riserva l’adeguato spazio nel pacchetto delle sue nuove realizzazioni. E ascoltando “Im Innersten” tale decisione si rivela ancor più azzeccata. Milani, nell’arco di tre scritture sopraffine, si muove con eleganza in quegli interstizi virtuali che dovrebbero rappresentare dei tramezzi divisori fra modelli piuttosto definiti e denominati come ambient, minimalismo, industrial, elettroacustica, elettronica, musica concreta…. Il suo è quindi un interregno di Elgaland-Vargalang che, sfuggendo alle classificazioni e ai pregiudizi, ora si incunea in contrade già note ed ora le sfugge, ora le accetta e ora le rinnega, zigzagando con abilità nelle piste tracciate fra le varie linee di confine…”
Sound and Silence [more]

“Tiziano Milani si confronta con la trasformazione, fisica e mentale, del suono attraverso la sua interazione con lo spazio, facendo fluire la musica in una camera di riverbero e poi acquisendola in digitale. Il suono sorge lento ma lussureggiante come un alba in una palude tropicale (“In-Through-Out”) muta lentamente, si fa rumore quasi industriale, suono parassita (“From Roots To Routes”) e poi ancora si fa letto fluido della memoria, dove fluttuano residui e un barbaglio di piano (“From Order To Border”).”
Blow Up [more]

“…On offer here are three lengthy tracks with each hitting near or just over the 20 minute mark. The tracks sort of drift, swell and slowly bob along in a rather appealing dreamy manner; tranquil and harmonic vibe slow rain drifts into piano tinkles, onto electro sound improv, through to distant conversion hum, onto brooding ambient synth buzz and static detail and this all happens with-in the first track. The pace is kept slow, languid and thoughtful through-out all three tracks; track two is the only track that features fairly present and consistent rhythmic elements; but there done in quite a quirky almost improv world music meets glitch fashion. “Im Innersten” offers up three artistically and slowly shifting soundscapes that really require multiple listens to understand and take in all that Tiziano Milani is trying to put across; a very clever, varied yet challenging album worthy of your time…”
Musique Machine [more]

“…To realize these delightfully unsolved textures, a computer processed pre-amplified omnidirectional sources captured by a microphone in a reverberating room. This is not a typical ten-second-Lexicon-Hall album hiding absence of ideas, though. In this circumstance, we’re satisfied by a sonic heterogeneity based upon familiar presences mildly enhanced by an intelligent use of electronics. It’s a quiet, but not boring series of electroacoustic interactions in which found sounds, electronic radiations and normal instruments generate an ear-rubbing cloth that appears trademarked by names such as Paul Schütze and Ralf Steinbrüchel, even if Milani successfully strives to maintain a trait of individuality. A clever work, dappled that necessary much to prevent wearisomeness from kicking in, elegantly gratifying and – especially in the final track “From Order To Border” – causing interesting reactions in the mechanisms of memory.”
Temporary Fault [more]

TIZIANO MILANI: MUSIC AS A SECOND LANGUAGE (setola di maiale)

>> FOLDER CON CDR SILVER/BLACK | SOLD OUT

Tiziano Milani _ registrazioni concrete _ manipolazione digitale _ live electronics _ laptop

Questo è il secondo album di Tiziano Milani per Setola. La musica, generalmente identificata in poche, singolari caratteristiche: attenzione al suono in sé piuttosto che alle relazioni dei suoni tra loro, dunque apparente sconnessione formale dei singoli eventi e svolgimenti rallentati; moduli minimamente variati lungo decorsi temporali smisurati. Comporre i suoni in una successione consequenziale diviene così meno interessante che “disporli sulla tela del tempo”. Una musica dichiaratamente nata dall'”esperienza astratta”, è in realtà intessuta, disseminata di presenze eterogenee. I processi ripetitivi sono la regola, ma non occupano mai molto “tempo” e lasciano il posto a nuove figure immesse in nuovi processi ripetitivi, dando luogo ad una concatenazione di pannelli in sé relativamente statici. Ma è propriamente nel gioco illusionistico dello scambio tra ciò che è statico e ciò che è mobile che si sviluppa l’intero disco. Il metodo compositivo utilizzato è quello della stratigrafia. Il modello è un “qualcosa” che si avvicina al concetto di masse sonore digitali di Xenakis. Dalle parole dello stesso Milani: “Da cosa sono influenzato? ora direi: ciò che mi circonda. Ho imparato ad ascoltare, anche grazie al mio lavoro di architetto-tecnico in acustica, i suoni degli ambienti, delle città, dei luoghi insomma. Mi capita spesso di rimanere per ore ad ascoltare senza avere la necessità di mettere un cd nel lettore ed ascoltare musica. Ciò che importa per me, ora, è il suono. Se vogliamo un po’ il manifesto della musica concreta: “Noi abbiamo chiamato la nostra musica concreta, poiché essa è costituita da elementi preesistenti, presi in prestito da un qualsiasi materiale sonoro, sia rumore o musica tradizionale. Questi elementi sono poi composti in modo sperimentale mediante una costruzione diretta che tende a realizzare una volontà di composizione senza l’aiuto, divenuto impossibile, di una notazione musicale tradizionale”. Mi interessano i luoghi dove la presenza umana è viva, dove si può sentire il riverbero di quella presenza. In questo modo i suoni vengono inseriti con parsimonia, usati non per creare melodie definite, ma per strutturare un micromondo dove la sperimentazione la fa da padrona. I suoni hanno un ruolo determinante in un contesto sociale, e la loro variazione determina spesso un conseguente cambiamento nelle relazioni che in quel momento intercorrono nell’ambiente. L’interazione fra le diversi componenti sensoriali, oltre all’udito, che agiscono su un sistema favorisce l’incrociarsi astratto di flussi di dati diversi. Scaturisce anche da qui il concetto di improvvisazione e casualità. Tendo ad avere una visione spaziale temporale di tipo orientale. La musica occidentale non ha una visione universalistica del linguaggio sonoro. Esclude dal proprio alveo la musica di culture lontane, scarsamente studiata e destituita senz’appello di ogni pretesa artistica, ma soprattutto ignora completamente la vastità del concetto di suono, chiudendosi in un cieco isolazionismo, incapace di guardare alla vastità del linguaggio sonoro universale. In realtà sono sempre stato un autodidatta, più volte ho pensato di intraprendere gli studi musicali ma temo per la bellezza dei suoni, la troppa dottrina crea molteplici schemi e binari da seguire, quindi mi arrangio studiando in solo da più di 10 anni. In questi anni ho imparato a considerare non la musica ma il suono, di più ampio respiro, e in qualche modo primordiale. Ciò che mi importa è quindi questa interazione tra i suoni contenuti in un cd e l’ambiente di ascolto, la somma logaritmica della potenza sonora dei due ambienti, ogni volta diversa e spiazzante. La vita dei suoni contenuti in un cd o qualsiasi altro supporto deve rigenerarsi, e per far questo ha bisogno come l’essere umano di stimoli, situazioni nuove”. Per maggiori info: http://www.myspace.com/milanitiziano.

“(…) Tiziano Milani, protagonista di due interessanti cd pubblicati da Setola di Maiale, è autore di stratificazioni suggestive, che in questo secondo cd “Music as a second language” come nel primo “Chamber music for screeching and artificial insects” meritano la massima attenzione da parte di chi ama la musica elettronica (…).” A. Cartolari, http://www.live-electronics.com

“(…) Vera sorpresa quella di Milani, per una serie di casi della vita nel giro di pochi mesi passo dal non averlo mai sentito, al sentirlo nominare in toni totalmente positivi ed a constatarne la bravura. Dato che credo che per moltissimi risulti un illustre sconosciuto, va detto che il suo nome è stato conosciuto da qualcuno grazie al fatto che nel primo disco di C. Parodi su Extreme (quello ispirato ad una istallazione/composizione di Alvin Lucier), il campionamento base da cui parte il Ligure è preso proprio da Milani (i ben informati mi dicono che anche nel prossimo il nastro magnetico partirà nuovamente da un suo campione). I dischi di Milani sono una vera sorpresa e questo Music As A Second Language dello scorso anno è molto più maturo di molti musicisti dopo anni di carriera. Bene o male si tratta di elettronica mischiata a molta musica contemporanea o forse meglio dire che è contemporanea in veste elettronica? Al di là delle definizioni la particolarità di questo disco è che nonostante la profondità ed il rigore della musica non parliamo di un lavoro “glaciale”. Tonalità notturne che proprio per le atmosfere forse hanno condizionato la scelta stessa di Parodi dato che se per Milani non si parla di drone a tratti poco ci manca. Paesaggi ricchi di suoni, glitch e suoni (campionati? Suonati?) di strumenti a fiato, vibafono che fluttuano nell’aria con un’idea di sospensione che volutamente o no è figlia di gente come Feldman o Scelsi (tanto per dire i primi due nomi che mi vengono in mente). A tratti notturna come certo jazz evoluto e smantellato della sua impalcatura e dei suoi bpm originari, a volte elettronico in modo mitteleuropeo, materiale che giusto per dare delle coordinate sarebbe potuto uscire su Mille Plateux o su Touch. La musica di Milani si sposta nel vuoto e se anche a tratti si giochi fra apparenti dissonanze/disarmonie scava come il rasoio ed i denti di Antony Hopkins fra le carni dei due poliziotti che lo sorvegliano. Tanto di cappello a Giust che dimostra per l’ennesima volta di essere un jazzista fuori dai ranghi o di non essere un jazzista e di essere più semplicemente “fuori dai ranghi” a tutto tondo, ma non servono portfolio particolari per dischi come questo, basta ascoltarlo, tutto quello che serve sapere e non sapere è congelato nelle cinque “interazioni” in cui è diviso questo disco. Spero che ne rimaniate sorpresi piacevolemte come me (…).” Andrea Ferraris, Sodapop.

“(…) La mente contemporanea troppo spesso tende a fossilizzarsi sulla superficialità delle cose, ovvero sulla loro realtà apparente, quella che per prima viene colta dai sensi e assunta per ciò che è. Su tale leggerezza appiattente è assai semplice costruire “norme”, cioè normalità, dunque conformità, che in breve diventano gli elementi indiscutibili che formano di quella realtà la verità, come prima presa per ciò che è e creduta quindi assoluta proprio perché conformata, facilmente credibile, bisognosa di un personale approfondimento intellettuale sovente ritenuta cosa impegnativa – ah, libero pensiero, sempre più in via di estinzione per la gioia di chi domina la nostra misera civiltà! Ma il nostro mondo è quanto meno tridimensionale, dunque dotato non di un solo punto di vista, ma sempre di altri, a volte anche opposti – ma se si vuole comprendere in maniera soddisfacente la “forma” di un oggetto, è bene osservarlo prima da una parte e poi dall’altra, e se si può da un’altra ancora… I punti di vista differenti, “alternativi” sulla realtà (“alternativi” non certo nel significato modaiolo odierno, ma nella sua accezione più pura) sono una delle basi della ricerca letteraria del sottoscritto, ma anche altre forme d’arte, forse ancora più emblematiche di quanto sopra scritto, sanno rifuggire dalle “conformità” della superficialità imperante (e imposta), e non solo per scelta o vocazione, ma anche e soprattutto perché molti non sanno come conformarle, non le comprendono, non ne intuiscono il senso e il valore proprio perché imprigionati nella superficialità di una verità accettata per ciò che è e per come viene imposta, e da qui non sanno andare oltre. In tal modo tutto quanto non può essere compreso nella “norma” viene rifiutato, rigettato, spesso perseguito come anormale, appunto – in tutti i sensi negativi che a questo aggettivo si possono applicare. La musica è da sempre una delle forme d’arte dotata della maggiore forza di spingersi oltre, andando ad esplorare territori sonori mai prima battuti; eppure, a volte questi territori non sono che gli stessi di sempre, solo esplorati da nord a sud piuttosto che da est a ovest come, mettiamo, la regola impone; e la mente comune, a cui è stato imposto di andare solo in un certa direzione, non sa intraprenderne altre, limitandosi così enormemente nella visione, e nella comprensione del “territorio” che qui ho preso come dato metaforico. E’ quanto succede nella musica elettroacustica, un genere a cui mi sto appassionando proprio perché assolutamente paradigmatico di quanto ho asserito finora, e per molti versi dunque affine alla mia stessa ricerca letteraria – una passione che nasce anche grazie alla conoscenza di Tiziano Milani, uno dei migliori compositori italiani nel genere. Vi voglio qui proporre un brano tratto dal suo ultimo cd Music as a second language uscito per SetoladiMaiale, etichetta indipendente specializzata in musica “non convenzionale” (guarda caso!), e citare un piccolo pensiero che Tiziano esprime nella presentazione del cd: “La musica occidentale non ha una visione universalistica del linguaggio sonoro. Esclude dal proprio alveo la musica di culture lontane, scarsamente studiata e destituita senz’appello di ogni pretesa artistica, ma soprattutto ignora completamente la vastità del concetto di suono, chiudendosi in un cieco isolazionismo, incapace di guardare alla vastità del linguaggio sonoro universale”. Bene, prendete il senso di questo pensiero e ponetelo sopra la riflessione che ho scritto nella prima parte del post… Il suono è come la realtà: vastissimo, ma certi convenzionalismi imposti e accettati senza critica spesso per pura noia intellettuale rinchiudono quella realtà in un piccolo recinto, che sia conforme e funzionale al vivere diffuso e indotto. Cos’è la musica? Soltanto una bella melodia orecchiabile? – come potrebbero rispondere in tanti… Altra domanda: voi ascoltate veramente la musica? O vi limitate a sentirla?… Dunque, se osservate un’opera d’arte pittorica, vi limitate a rimirarne solo un piccolo angolo, o solo una parte più palesemente cromatica di altre? Ascoltate il brano di Tiziano Milani che propongo, che si intitola Interazioni 3; cercate di ascoltarlo, non solamente sentirlo, e tentate di intuire il diverso approccio all’universo del suono che si propaga da esso; provate a mettere in dubbio la “norma” che la musica sia solo armonia orecchiabile, e che dalla parte opposta a ciò vi sia necessariamente una disarmonia, comunque interna all’universo del suono citato, e che non sia nulla di sgradevole – come il termine potrebbe far credere nell’accezione in cui è utilizzato – ma semmai un diverso punto di vista, di trasmissione per così dire e dunque di ascolto, del suono stesso: un cogliere altre regole armoniche, ritenute diverse dalle solite forse solo perché non conosciute, o non intuite… Non è semplice, lo capisco bene, ma la confutazione che molti opporranno all’ascolto (potrebbe essere: “Ma questa non è musica!”) non è che la riprova di come la percezione consueta del concetto di suono è legata ad una accezione limitatissima e per di più a sua volta imbrigliata in convenzionalismi accettati come fossero dogmi. Il suono non ha nulla a che vedere con uno spartito, o meglio: il ricondurlo a un tale mezzo di controllo è frutto di una mera regola, buona o cattiva che sia, perché è dal suono che può scaturire la musica, mentre siamo portati a credere che avvenga il contrario; ma il suono è talmente vasto nel suo pur semplice concetto che risulta difficilmente addomesticabile in “norme”: si preferisce negarne il valore di una grande parte per ridurre il tutto a qualcosa di più controllabile e conformabile, appunto… – senza sminuire il fatto che, dall’effetto di ciò – e come ripeto – siano scaturiti in certi casi grandissimi artisti (ma, in mooooolti altri, delle autentiche nullità, la maggioranza delle quali ingolfano le hit-parade spacciandosi, ed essendo spacciate, per “artisti musicali”…). Ora, se come spero starete ancora ascoltando il frammento sonoro, ritornate a leggere la prima parte del post sui differenti punti di vista dai quali si può osservare una data realtà, così da averne una visione più completa possibile… Ascoltando Tiziano Milani, come C. Parodi ed altri compositori di sonorità elettroacustiche, forse capirete meglio ciò che ho voluto esprimere – e forse anche voi resterete affascinati dal genere, avendo in più nuovi e preziosi elementi per formarvi un senso critico assai più approfondito in grado di valutare meglio la musica “normale” così come – demetaforizzando il discorso per tornare al punto originario e precipuo – la realtà che ci circonda”. Luca Rota, Rota WordPress, 2007.

“(…) Più ancora che nel primo disco per SdM, Chamber Music For Screeching And Artificial Insects(SM940), è in questo lavoro del musicista lombardo che il delicato equilibrio tra elettronica astratta e linguaggio classico contemporaneo sembra reggersi su se stesso. Accade così che i rimbrotti dei fiati o le note di piano di un ensemble da camera mai esistito e le geometrie digitali che perimetrano in continuazione una cornice instabile finiscono per coagularsi in lampi di bellezza improvvisa e fuggevole (Interazioni 1, Interazioni IV); che il linguaggio della macchina si presti docilmente ad essere impastato con cura come fosse colore – pur sempre grumoso – da spargere su di un’enorme, sonora, tela pollockiana (Interazioni II, Interazioni III); che il rumore concreto, citato evocato decontestualizzato assurga a nuova dignità artistica grazie all’affascinante balletto di seduzione che i suoni elaborati continuano ad esibirgli senza posa in un’estenuante, intermittente, crescendo tutto cerebrale fra ripulsa e fascinazione (Interazioni V).” Vincenzo Santarcangelo, SentireAscoltare, 2008.

01 _ Interazioni 1 18:29
02 _ Interazioni 2 05:11
03 _ Interazioni 3 04:34
04 _ Interazioni 4 30:14
05 _ Interazioni 5 12:15
>> TIZIANO MILANI: CHAMBER MUSIC FOR SCREECHING AND ARTIFICIAL INSECTS (setola di maiale)

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Tiziano Milani _ registrazioni concrete _ manipolazione digitale _ live electronics _ laptop
Susanna Vigoni _ laptop _ elettronica _ oggetti

Dalle parole dello stesso autore: “Nulla nei suoni che raccolgo viene affermato con volontà e intraprendenza, bensì sussurrato o bisbigliato quasi casualmente, come un discorso involontariamente colto in metropolitana o accidentalmente origliato attraverso la parete di un albergo. L’approccio ai suoni non va semplificato perché ogni singolo suono non è che una piccola parte di un tutto che andrebbe seguito nel suo itinere teoretico e poi meccanico. All’interno di ogni brano si trovano stratificate fasi di lavoro diverse (contemporanee e no). In alcuni casi i suoni provengono dallo sfioramento, dalla percussione, dalla rottura di oggetti a cui sono apposti microfoni. In altri casi, sono la risultante di flussi manipolati. Nelle tracce audio, tutto si deposita come si trattasse di un crogiulo che accoglie e mescola alchimie. Questa mescola alchemica avviene grazie a sintetizzatori e live electronics, cioè all’utilizzo di programmi e strumenti elettronici che intervengono sui suoni provenienti da più periferiche. L’intervento diretto agisce su tutti i parametri del suono. Il fenomeno fisico-acustico risultante viene poi proiettato nello spazio. Il lavoro sui suoni implica una serie di aspetti tra cui l’improvvisazione vista come estasi del momento, come sintesi tra meditazione ed esecuzione, contemplazione, composizione, ma anche senso di vuoto e sicuramente pre e post-produzione al computer. L’improvvisazione, il suonare attraverso coincidenze e casualità sono elementi talmente importanti che si risolvono nell’idea di processo/attuazione”. Per maggiori info: http://www.myspace.com/milanitiziano.

“(…) Tiziano Milani è una bolla di cristallo leggerissima ed affascinante con una piccola crepa aperta sul quotidiano. In compagnia di Susanna Vigoni (laptop ed oggetti), Tiziano si dedica ad antiche arti di cesello auditivo. Squarci imprevisti sull’ordinario tenuemente sovrapposti e manipolati, texture umorali che rimandano sia ad una moderna classicità che ad una febbrile ricerca del particolare nascosto; del microscopico. Ma forse non ci siamo ancora, Tiziano lascia sedimentare i suoni in avvallamenti presumibilmente umidi, ne osserva le spore crescere sulla superficie; gli concede lo spazio necessario. E’ un gioco difficile questo tipo di ricerca, richiede nervi saldi; Tiziano pare averli. Affascinante gioco di risonanze quasi balinesi, otterrebbe dolci parole di apprezzamento da un David Toop o da un Paul Schütze (questo è un complimento…), non irrompe; si pone discretamente. La serie di Improvviso Suono Organizzato si dipana lungo coordinate semplici e vellutate, deliziosi aiku sonici che l’orecchio intossicato percepisce come rinfrancante unguento medicamentoso; si instaura una questione d’approccio tattile con queste delicate miniature. Sfioramenti, percussioni ancestrali; nodosi fasci di materia manipolata. Coincidenze fortunate e casualità; questo ed altro. Sul finale si allungano ombre oblique, l’atmosfera si fa più rarefatta; i sensi si acuiscono. Non ancora “Oceano Di Suono” ma la direzione è quella giusta. Suadenti, graziosi; detriti d’inconscio.” M. Carcasi, Kathodik.

“(…) Second full length for this artist some of you have probably heard since he’s been used as primary sound source for the recording of C. Parodi’s “Horizontal mover” on Extreme records. It’s surprising how some barely unknown artists can put out a cd so intense that blows away bigger productions or even the most famous names, but this’ just one of the many cases I’ve the chance to find recently. Milani’s works present a crepuscular blend of different influences well assorted in what in general can (or should I say “will”) be classified as electronic music. My reticence in speaking about electronic music has to do with the fact you can hear many acoustic instruments floating here and there in the magmatic flux, but I still dunno what is played and what’s not: who cares anyhow?. Another weird side effect I’ve sensed is the nocturnal modern jazz/contemporary classic feel that imbues the whole exhibit, be it for the harmonic dissonances or for the soft elegant interventions he’s put parsimoniously during the assemblage of every fragment. The full-length is divided in seven tracks evolving around the same harmonical/musical idea alas the global listening is really homogeneous, despite the long duration it’s not a boring release, sure it’s a intense and heavy trip, but while requiring a lot of attention it keeps the evocative power unaffected from the first to the last second. How does it sounds like? Like a dronical, post jazzy, atmospherical cloud where you have some scattered instruments crossing the scenario very discretely, therefore far from those short rides you hear in the most recent electro acoustic releases. While you some concrete sounds make their guest appearance in some of the acts, many sounds are patiently lead in and out of to the scene thanks to an intelligent use of delays and reverbs and above all thanks to a clever superimposition of layers. Yes, this work is what we may consider a dronical, electronical layering of different things even thought as I’ve already said the result is quite coherent in its elegant crepuscular dress. I’ve had the impression this music could concretize what happened if only David Tibet would have been much more into jazz or contemporary classic music instead of being lost in psychedelia and folk, probably it has to do with the “scattered memories” feel created by the odd melodies plus the field-recordings/samples drowning in the dark pool. Enchanting, odd record here: give it a try.” Andrea Ferraris, Chain D.L.K.

01 _ Improvviso suono organizzato 1 4:15
02 _ Improvviso suono organizzato 2 9:54
03 _ Improvviso suono organizzato 3 9:03
04 _ Improvviso suono organizzato 4 6:42
05 _ Improvviso suono organizzato 5 5:40
06 _ Improvviso suono organizzato 6 5:01
07 _ Improvviso suono organizzato 7 9:12

to 7 9:12

01 _ Shelter for a Lost Soul 13:18
02 _ Inside, Outside & In-between 13:31
03 _ Seen the Unseen 10:22
04 _ Open a Window for a Crying Soul 12:57
(C) + (P) 2021

All physical edition

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Tiziano Milani _ elettronica _ architetture sonore

Dalle note di copertina dello scrittore Luca Rota: “Ritorno a casa, per ricomminciare ancora. Tiziano Milani torna a casa, una casa nella quale ogni locale diviene una sorta di wunderkammer ove ascoltare ciò che in questi lunghi anni di creazione sonora egli ha accumulato, conservato, lasciato maturare. Ma non si resta poi chiusi dentro, Tiziano non chiude la porta alle nostre spalle, anzi: spalanca le finestre, lascia che l’ambiente esterno entri – l’ambiente peculiare che c’è proprio lì fuori, s’intende – lascia che si compenetri con quanto vi è dentro, che diventi un tutt’uno avvolgendo noi che dentro stiamo. La wunderkammer così si capovolge, per così dire, ascoltiamo l’ambiente ma poi è questo che ci “ascolta”, che ci trasmette infiniti nuovi stimoli propri, singolari, unici: la casa non è punto d’arrivo ma nuova ripartenza, e lo è quale espressione del mondo che ha intorno e col quale si armonizza. Così deve essere: il suono, qualsiasi esso sia, è elemento supremamente libero; non lo si cattura mai, se ne diventa invece testimoni e poi ascoltatori, seguendone l’onda verso nuove mete, nuove risonanze, nuove e ulteriori percezioni acustiche. E lasciandoci guidare da Tiziano Milani, che con “materia” verso di esse ci porta.” Non serve aggiungere altro per descrivere la musica intelligente e originale che da anni Tiziano Milani porta avanti.

01 _ Appartamento 119/I – in evoluzione 24:51
02 _ Rifugio – questo è il presente 15:29
03 _ Materia – solo con la natura 8:15
04 _ A proposito dell’oggettività dello spazio – pensare genera pensiero 18:26

(C) + (P) 2015

Adern X & Tiziano Milani:Cinema Show (XeVor records)

92912.X: Door

The source material for this release is a bunch of field recordings made in a cinema as electroacoustic music is influenced by the theory of editing of cinematography. In current society there’s the slight but relentless departure from the experience in a dedicated and public environment to a private one where perception is disturbed by the environment. The relation between music and image is quite complex as sound deals with the concept of environment: music can be a part of the meaning or just a furniture, and it could be also a distraction, but the focus of the work of this two italian sound artists is the peculiar quality of music to evoke images. The source recordings were processed and layered to make this album sounds like the soundtrack of an imaginary expressionist movie or as an experimental form of synphonic poem.

TIZIANO MILANI: TOUCH (setola di maiale)

TOUCH

DIGIPAK E CDR STAMPATO

Tiziano Milani _ conduzione _ electronics _ field recordings _ manipolazione digitale _ concrete records _ laptop
Koji Nishio _ pianoforte
Hiromi Makaino _ oggetti _ percussioni elettroniche _ ritmi
Lars Musiikki _ contrabbasso _ chitarra acustica
Cristian Corsi _ sax tenore
Lynn Westerberg _ viola

“Il ‘fare’ musica, nel senso tradizionale di suonare e studiare uno strumento, è oggi talmente in svantaggio rispetto alla musica ‘fatta’ che proprio per questo può svincolarsi senza strappo e senza rancore. Questo svantaggio epocale rispetto ai sistemi moderni di composizione-editing musicale digitale e di diffusione digitale, lascia talmente indietro il ‘fare’ musica tradizionale che questo può prendersi tutto il tempo che vuole per fermarsi, riscoprirsi, per rispolverare la sua fenomenologia. Poiché la sua rincorsa è inutile, esso può fermarsi e guardarsi addosso, riflettere, muovendo le mani sullo strumento, come se fosse la prima volta. Non ha importanza se nessuno ascolta.” Piero Antonaci, Etica della Musica.

“(…) La discussione è sempre nell’aria: conoscere o no la struttura della musica, le sue variabili, la sua composizione e gli strumenti per eseguirla. Saperla gestire avendo un carico di conoscenza utile o lasciare che i circuiti del laptop dettino le condizioni cui adeguarsi? In poche parole, avere o no il Tocco? Basta ascoltare questo lavoro di Tiziano Milani per trovare una risposta. Musica di confine suonata da musicisti che sanno accarezzare il silenzio trasformandolo in cinque tracce di purezza contemporanea. Non basta certo un drone in loop per creare certa maestosità concreta che solo strumenti quali pianoforte, chitarra e contrabbasso, sax tenore e viola possono creare se ben diretti. UNA COSA CHE TIZIANO SA FARE ALLA PERFEZIONE.” Mirko Salvadori, Rockerilla 2013.

“(…) Touch conferma lo status di Tiziano quale uno tra i migliori e più apprezzati compositori sperimentali e di ricerca italiani, tanto più che, per questo nuovo lavoro, si è potuto avvalere della collaborazione di musicisti del calibro di Koji Nishio al pianoforte, Hiromi Makaino agli oggetti/percussioni elettroniche/ritmi, Lars Musiikki al contrabbasso/chitarra acustica, Cristian Corsi al sax tenore e Lynn Westerberg alla viola. Il tutto, come detto, sotto l’egida di Setola di Maiale, preziosa e ormai indispensabile fucina di ottima musica contemporanea – e lo si intenda nel senso più artisticamente alto che tale aggettivo può avere. Forse, come sostiene Piero Antonaci, non ha importanza se nessuno ascolta, ma certamente è della massima importanza che vi sia qualcuno, come Tiziano Milani, da poter ascoltare. Fatelo, allora, ascoltatelo. Ne vale davvero la pena.” Luca Rota’s blog, 2012.

“(…) Tiziano Milani sembra aver trovato la chiave di volta per un suono totale, un suono che riesce a far propri i caratteri migliori delle avanguardie del Novecento, senza risentire di quel retrogusto di stantio che sono solite avere quelle musiche che vanno a porsi in territori di confine tra sound art, elettroacustica, droni e improvvisazione. Il fine di Milani è quello di creare una musica site specific, che non sia più (o solo) semplicemente musica nel momento in cui, fondendosi con lo spazio e le architetture in cui va ad essere concepita, diviene altro da sé. Un oggetto che assume una sua identità e che è molto più della semplice sommatoria tra suono e spazio. “Touch” si inserisce in questo tipo di discorsi proponendo una metariflessione sulla fenomenologia del fare musica in maniera “tradizionale”, e sull’affrancarsi dai metodi moderni di composizione che prevedono l’utilizzo esclusivo del digitale. E in effetti l’esperimento risulta più che riuscito. La ricerca sulle timbriche e il modo in cui i diversi strumenti (viola, sax tenore, contrabasso, chitarra acustica, piano, percussioni ed electronics) interagiscono evidenzia uno studio vivo su quel tipo di suoni (droni ed elettroacustica, per l’appunto) che, spesso, concepiti in maniera esclusivamente digitale diventano un semplice quanto noioso simulacro. Anche il silenzio, attorniato e fesso da suoni che recano con sé sangue e materia pulsante, riacquista il senso originario di uno spazio dinamico.” Antonio Ciarletta, Ondarock 2012.

“(…) Some years ago I’ve been introduced to the music of Tiziano Milani thanks to the fact in the wonderful homage to Alvin Lucier, Claudio Parodi put out on Extreme records, the musical fragment used as sound source was sampled from Milani. From then on, this italian electronic composer has collected several works under his belt and the most of them have been released on Setola di Maiale (an experimental, avant jazz, uncenventional music label I can’t but suggest to taste). Funny, but the title itself could suggest one of the labels suitable for a kind of recording like that, infact due to the compositions and for the amount of concrete-electronic sounds used, it brought to my mind some of the most intense and intriguing composers on Touch label. The framework is a classy collage-patchwork of music performed by several jazzy, classic, contemporary musicians, infact the line up of this recording includes: Koji Nishio on piano, Hiromi Makaino on electronic percussion and rhythms, Lars Musiikki on double bass and guitar, Cristian Corsi on Tenor sax and Lynn Westemberg on viola. After having listened to several of his releases I can say Tiziano Milani’s style is clearly distinguishable, infact his magmatic-nightly soup has its own identity. Differently from his previous recordings, Touch has a more contemporary heart and some of the instruments tend to surface from the collage with their own characteristic sounds above all the piano and that’s what may confer a conservatory aura to the whole work. An interesting composer/laptop musician with an identity.” A. Ferraris, Chain DLK, 2012.

“(…) The focus of this release is the role of the electro-acoustics musician as an editor of other people way of playing. Tiziano Milani has constructed his work patiently editing the invited musician’s recordings to adapt them to his musical vision and, instead of relying on the model of the most known pioneer of this process (Phill Niblock), he tries to develop a personal sound. “Love Touch”, the longest track of this records are positioned in the extremes, opens quietly with some sparse sounds of violin and piano add colors to the underlying texture. “Zen and the Art of Piano” features extended cuts from the piano sessions to constructs a dialectics between electronics, field recordings and samples. “In the Silence of a Vain Wait” is almost entirely constructed on resonances and filteres samples to create a meditative soundscape. “Primary Structures”, the shortest track of this record, is based on small samples juxtaposed in a quiet oriental, meaning “in a slowly”, way while “Dark, Dark my Light (16.1.8)”, the longest track, close this record with a quiet and zen intro that remain impassible when the drony soundscape slowly gain volume and presence and guide the listener to a close dialog between the concrete recordings and the contrabass. Quite personal in his development of a personal language based on the fondamental process of electroacoustic music, it’s non an experiment to search new way but the statement of a form to develop (the only truly incomprehensible thing is the presence of the transistor symbol in the cover). Not only for fans of truly experimental music.” Andrea Piran, Chain DLK, 2012

“(…) Il disco esce quest’anno per Setola Di Maiale, l’etichetta del pordenonese Stefano Giust, realtà attenta ormai da anni alle musiche di confine, al jazz e alle sperimentazioni elettroniche. Tiziano Milani è un architetto che prova a collegare la sua disciplina con la musica: una testimonianza è rappresentata dal cd Im Innersten, uscito per la Afe di Andrea Marutti, nel quale in qualche modo parte dalle idee dell’Alvin Lucier di “I’m Sitting In A Room”. Touch, invece, nasce da un confronto tra Tiziano, che si serve di un laptop per la creazione delle tracce, e una serie di musicisti che suonano uno strumento “tradizionale”. Confronto ampissimo, sorto da una riflessione di Piero Antonaci sul “fare musica” oggi quando c’è il computer che apparentemente la fa meglio o almeno uguale, per di più sempre, subito e a basso costo. Nell’articolo pc e musicisti “veri” sembrano quasi in contrapposizione. Milani e i suoi amici, invece, alla fin fine sono autori di questo disco collaborativo, nel quale lui – direttore d’orchestra sui generis – ricombina quanto offertogli dai suoi uomini, il cui “tocco” sarebbe in realtà non riproducibile, inimitabile… come il suo, del resto. La cosa, probabilmente, è anche legata al dibattito sull’improvvisazione, che è uno dei temi affrontati da Setola Di Maiale stessa. Difficili riflessioni a parte, con un po’ di pazienza iniziale, il disco è come un fiore che si dischiude. Non ne serve tanta come per un disco di Köner o López, anche se in ogni caso ci vuole quella testa lì. Superati i silenzi, i movimenti impercettibili e percussioni diradate e sparse, quando Touch si muove su binari, cioè quando si dà una struttura base con loop, drone e altri suoni trattati che creano uno spazio (a proposito di architettura), si avvantaggia anche dell’unicità dell’esecuzione dei musicisti coinvolti, suonino essi un pianoforte sempre sul punto di spezzarsi, uno strumento ad arco (ora grave ora strappalacrime) o lascino riverberare qualche xilofono o triangolo… In quei momenti, con un paio di buone cuffie, si entra in un mondo metafisico e a tratti inquietante. Album buono per chi segue Setola Di Maiale, Entr’Acte o anche realtà come Kranky e… Touch.” Fabrizio Garau, The New Noise, 2012.

“(…) Le architetture sonore, di Tiziano Milani, si affinano sempre più. Quasi al limite dell’impalpabile. Dove, il precedente “The City Of Simulation” metteva tanta (ottima) carne al fuoco, nella sua interazione suono/immagine/parola, “Touch”, si smaterializza in una nube, leggera e vaporosa. Una meditata fase compositiva, che viaggia per sottrazione e progressive, delicate apparizioni materiche. Mai in attrito fra loro. Contrastata luminosità. Fra onirico scorrer, di frammenti/memoria rasserenanti, e languide vampe compresse, di desiderio/visione. Una via di fuga interiore. Che si palesa in traslucide strutture, elettroacustiche/ambient/minimali. Fra passaggi classicheggianti, ambienze spoglie, tiepidi sibili dronanti, texturali esposizioni di ticchettanti contatori/geiger e cameristiche apparizioni acustiche. Assemblato in fase di post produzione, “Touch”, si avvale degli interventi, trattati/riassemblati, di Koji Nishio (piano), Hiromi Makaino (oggetti, percussioni elettroniche e ritmi), Lars Musiikki (contrabbasso, chitarra acustica), Cristian Corsi (sax tenore), Lynn Westerberg (viola). Oltre allo stesso Milani, fra conduzione, elettronica, field recordings, manipolazioni digitali, laptop, emissioni concrete e registrazioni. Un’aggregazione di piccoli frammenti, che rilascia una gran scia chiaroscurale. Non così buia la notte, non così a fuoco la luce.” Marco Carcasi, Kathodik, 2012.

“(…) Sperimentatore attivo sin dagli anni novanta, Tiziano Milani ha sviluppato la sua ricerca utilizzando il suono come asse portante di architetture complesse, collocabili nella sfera dello spazio psichico. Per lui la composizione è essenzialmente un lavoro di assemblaggio e la sua tecnica è perfettamente sintetizzata in Touch, album nel quale scompone il contributo dei vari strumentisti (dal piano alla viola, dalle percussioni al contrabbasso) in frammenti che pur appartenendo ad un unico flusso organico, di volta in volta si compattano dando vita a macro-strutture di notevole fascino e fortemente evocative.” Massimiliano Busti, Blow Up, 2013.

“(…) Touch cerca di cogliere la sostanza cellulare dei temi: profondamente immerso nell’ambient music dronistica, il lavoro di Milani si avvicina a quello di scultori di suoni come Loscil o Tim Hecker, con una grado di di rumorosità in più: in “Love touch” si odono suoni estemporanei, sibili da scarto erratico, catarsi da glitch prolungato, frammentazioni che raccolgono le ceneri di qualcosa che si è rotto e forse anche un fondo di ottimismo rivelato da un drone poco pronunciato, confermato da un finale quasi trascendentale (nel solco di un Roach più sporco nei suoni); “Zen and the art of piano” mixa abissi spirituali sonori di matrice orientale con dinamiche ricavate dalla solita ricostruzione inarmonica di rumori, dove le poche note di piano modellate su Satie gettano il ponte personale di Tiziano sulle integrazioni sonore e di civiltà delle due parti di mondo (oriente ed occidente);”Primary structures” prova a delineare l’impatto biologico e fisico della materia: rumori spettrali che accompagnano modificazioni genetiche non preventivate, con scampoli di elettronica condivisa tra Stockhausen e quella europea degli anni settanta; “Dark, dark my light” è un episodio dove le campane richiamano la voglia di sperimentare suoni in un campo inflazionato dove però la particolarità del drone composito è sottolineata da una viola “implacabile” che sembra richiamare la rotta di una nave come simbolo di una rinascita.” Ettore Garzia, Percorsi Musicali, 2013.

01 _ Love Touch 17:00
02 _ Zen and the Art of Piano 09:34
03 _ In the Silence of a Vain Wait 10:55
04 _ Primary Structures 07:54
05 _ Dark, Dark my Light (16.1.8) 20:42
>> TIZIANO MILANI / LUCA ROTA: THE CITY OF SIMULATION (14 audio-visual poems) – (setola di maiale)

FOLDER CON CDR STAMPATO

Tiziano Milani _ suoni
Luca Rota _ testi

Questo disco contiene 14 files Mp3 (pari ad oltre 3 ore e mezza di musica!) con i suoni di Tiziano Milani e 14 files Jpeg, con testi ed immagini impaginati ed elaborati da Luca Rota.

Il testo che segue è la presentazione al lavoro del duo, contenuta anch’essa nel disco come file PDF. “Città, ventunesimo secolo, anno 2009: disteso corpo tentacolare di altissimi edifici, altri ancora più alti in costruzione – in ostruzione inveterata della vista verso l’orizzonte del tempo, scenografica sky-line dominante e di sotto un labirintico reticolo di incroci confluenze analogie di innumerevoli parole come altrettanti edifici d’una città sovrapposta e sopra ancora quelle dei discorsi di chi ha “vinto” il privilegio di vivere al di sopra della nebbia che tutto avvolge – anche e soprattutto quando nebbia non ce n’è… Cos’è la città, oggi? Cos’è la vita in città? – realtà, finzione, sceneggiatura, elegia, dramma? Le strade del centro città sembrano lastricate di denaro, ma due svolte oltre i rilucenti viali alberati grigi muri di periferia infondono (in)urbana soggezione nello spirito, e accanto ad essi, ai piedi dei divieti di scarico immondizie, l’antinomia diventa completa. La mappa urbana traccia gli sfondi di una anomala scenografia post-moderna, mentre il cielo al di sopra si fa’ cupo di tutte le parole spese da un copione senza più filo logico: occorre ritrovarlo, ricuperarlo, ritornare a che i passi compiuti nel traversare il corpo della città siano nuovamente linfa per esso, non più liquido di suppurazione… Vivere nella città, la città come propria realtà, la propria vita come vita della città – o languire come inutili figuranti nella sfigurata Città della Simulazione…”
La Città della Simulazione – I Testi (punto critico). Come scrivere della città post-moderna, il non luogo per antonomasia della contemporaneità ovvero quell’ambito pseudo-urbanistico conformato(si) in modo da finire per simulare sé stesso, smarrendo ogni proprio senso urbano/sociologico e imponendo un identico smarrimento a qualsiasi cosa vi si trovi all’interno – dunque, potenzialmente, alle stesse parole con le quali di essa si vorrebbe scrivere? La città della simulazione dissimula anche il senso di termini e concetti dai quali si fa’ scrivere, raccontare, rappresentare, e sui quali poggia molto del proprio preteso prestigio urbano? Probabilmente sì, ne travalica e confonde i significati così come, nello stesso modo, supera il confine tra vita e rappresentazione proprio in quel citato atto di simulazione di sé stessa e, per imposizione, di ogni altra cosa sia parte di essa, volente o nolente… La parola, dunque, deve in qualche modo sfuggire dal tentativo di simulazione e dalla “normalizzazione” espressiva che ne deriva, ovvero deve conservare in sé la capacità di saper ancora rappresentare la vita, prezioso atto di percezione e di comunicazione le più ampie possibili della realtà e delle sue evidenze, privo di finzione, di mistificazione a fini di mera estetizzazione ludica… Ciò che, io credo, abbia saputo fare nel corso del Novecento la poesia d’avanguardia (dalle prime sperimentazioni pre-futuriste fino alla cosiddetta Terza Ondata), in un percorso evolutivo in qualche modo parallelo come direzione al mutamento della città – da moderna/contemporanea a post-moderna – ma divergente come rotta, appunto nel tentativo di conservare il giusto punto di vista sulla realtà e il più proficuo contatto con la quotidianità del vivere sociale odierno e i suoi protagonisti (noi stessi società di individui – o teoricamente tale…), attraverso un linguaggio contemporaneo ancora ricco di senso, di sostanza, e parimenti innegabilmente poetico, posto un gradino sopra l’affabulazione massificata confusa e caciarona, non linguaggio così funzionale al non luogo che è la città della simulazione. Questo è stato il principio da cui mi sono mosso, e il veicolo utilizzato per addentrarmi tra i meandri della urbanità post-moderna, veicolo che ho cercato di riadattare alle vie e alle strade contemporanee con un linguaggio coevo, multiforme ed eclettico ovvero plastico, duttile come lo è – nel bene e nel male – la contemporaneità urbana; ma, per ancor meglio contestualizzare ed far risaltare le parole utilizzate, il loro senso e valore, elevandole e allontanandole da quelle altre tante parole futili e inutili che impregnano l’aria della città post-moderna, ho scelto di visualizzare i testi, tipograficamente e iconograficamente in modo più meno intenso, creando composizioni visive nelle quali i linguaggi utilizzati dialogano tra di loro, oltre e prima che con chi se li trova di fronte e li fruisce, in uno stretto connubio di parole e immagini (tratte in buona parte dal web, non luogo oggi divenuto ben più luogo di tanti altri) non confondibile, e quanto più possibile funzionale al comune messaggio di fondo. Da Nella Città della Simulazione, in cui lo stile a metà tra prosa e poesia è ponte ideale tra passato/moderno e presente/post-moderno, si passa per Skyline, testo di poesia visiva nell’accezione più tradizionale ma al contempo assai iconico, e ci si “orienta” con la Mappa della Città, endecasillabi visuali solo all’apparenza disposti casualmente… Divieto di scarico immondizie mostra visivamente la corruzione dell’originaria estetica urbana, mentre Denaro rende palese il cortocircuito sociale in essa e tra le sue parti costitutive odierne, le quali, in Vita in Città, non sanno far altro che assoggettarsi sciattamente al suo stato di fatto. Anche per questo le parole che animano verbalmente la città post-moderna, in Incroci confluenze analogie, sono inutili al punto da palesare la verità che viceversa vorrebbero celare, ma in fondo riflettono l’analoga vuotezza e ipocrisia dei “leader” cittadini di Salutiamo con applausi e allegria; parole inutili nonché, come detto, tante, troppe, al punto da impregnare l’aria e oscurare Il cielo sopra la città, finché la Nebbia cala su ogni cosa, ottenebra la fremente ma grigia vita cittadina (tono su tono, in fondo…) lasciando coglierne solo pochi frammenti, eppure in qualche modo assai esplicativi; è tempo di riflessioni, quasi di colpo e inopinatamente amare pur nella continua spinta a primeggiare e andare oltre di un’esistenza irrefrenabilmente In c-ostruzione… Nella composizione prettamente visuale di Centrocittà risalta nuovamente tutta la spinta urbanocentrica e antisociale della città post-moderna, ma forse, pur nel conseguente degrado che le periferie cittadine rendono così palese e drammatico, un Muro di periferia lascia scaturire la speranza (in un sonetto classico) che non tutto sia simulabile, che un domani di maggior grazia sia possibile, un futuro verso il quale muoversi sui propri Passi, perché la città è tale grazie ai suoi cittadini e non viceversa, dei quali cittadini/cittadinanza sarà pur simulabile l’esistenza, ma non lo è la vita del cittadino, del singolo individuo, l’essere umano.
La Città della Simulazione – I Suoni (punto critico). John Cage: “Ora non ho più bisogno di un pianoforte: ho la 6th Avenue, con tutti i suoi suoni. Traduco i suoni in immagini, e così i miei sogni non vengono disturbati. Semplicemente si fondono. Una notte scattò l’allarme di un antifurto e mi meravigliai perché il suono proseguì sempre molto intenso per almeno due ore, crescendo e calando, in modo quasi impercettibile, in altezza. E nei miei sogni assunse una forma delle curve delicate, come quelle di Brancusi. La cosa non mi infastidì affatto”.
L’idea originaria de La Città della Simulazione è stata tratta dall’omonimo capitolo del volume di Giandomenico Amendola “La città postmoderna – Magie e paure della metropoli contemporanea”, Laterza – Bari, 1997, IV ed. ampliata 2003.
Sul web: http://www.lacittadellasimulazione.com; Luca Rota: http://www.lucarota.it; Tiziano Milani: http://www.myspace.com/milanitiziano.
Successivamente alla pubblicazione di questo lavoro, sono stati estrapolati alcuni momenti sonori per essere riadattati e divenire l’ideale colonna sonora di un corto dedicato alle terre al margine (periferie urbane). Il corto, escluso dal Locarno Festival (!) e Asolo Film Festival (!) perchè ritenuto “troppo sperimentale” per i loro canoni, verrà proiettato per la prima al Salento Film Festival, a cui va tutto il nostro plauso.

“(…) Oggi l’architettura intesa come disciplina partecipa a vario modo nell’organizzazione della musica: nonostante forme sempre più sofisticate di pensiero, l’avvicinamento di quest’ultima alla materia tecnica viene principalmente affrontata in due modi; da una parte si è instaurato un legame tra la musica e il luogo ove essa viene svolta (piazza, auditorium, rivisitazioni di costruzioni adibite per altri scopi, etc.) che dà origine ai cosiddetti sound designer e a coloro che si occupano della gestione degli “ambienti” di suono; dall’altra il legame è subdolo e strettamente correlato alla composizione: si tratta di rappresentare attraverso la musica un tema che ha motivazioni e fondamenti nell’impianto di regole tecniche dell’architettura: in questo melange di artisti senza categoria musicale troviamo molti musicisti ed autodidatti che grazie all’uso del computer ricostruiscono “ambienti” di suono che sono lo specchio di una voglia di rappresentare “costruzioni” sonore figlie di un immaginario paesaggio da ricostruire o semplicemente per segnalare le incongruenze della società civile. Tiziano Milani ha recentemente pubblicato un paio di cds esplicativi degli scempi architettonici e della desolazione urbanistica che sovraintende ai rapporti umani, cercando di creare dei collegamenti con la musica: in “The city of simulation” raccoglie 14 lunghi brani (teoricamente abbinabili ad immagini da lui progettate per fornire il transfer in musica) che esprimono il degrado dei centri storici di tante grandi città del mondo nonchè quello di alcune periferie importanti: il tema, invero trattato già in scala più vasta da molti musicisti affiliati all’elettronica e alla computerizzazione sonora, si sviluppa in un percorso musicale che non è compiacente, è a tratti oscuro e senza soluzioni di breve, ma ha la pretesa e la speranza di avere un “…domani di maggior grazia possibile…”; la frammentazione e poi la ricomposizione di Milani si basa su un approccio isolazionista limitato, che tende a mischiare l’aspetto oscuro con il valore del suono, dove quest’ultimo deve rappresentare comunque una realtà…” Ettore Garzia, Percorsi Musicali, 2013.

“(…) Cos’è cambiato da quando i massimi avanguardisti del secolo scorso – Walter Ruttman con “Berlin, Symphonie einer Grosstadt”, Bruno Maderna e Luciano Berio con “Ritratto di Città”, per fare dei nomi – dedicavano a un organismo pressoché ancora sconosciuto come l’agglomerato urbano – organismo che andava via via caoticamente conformandosi sotto i loro occhi increduli – suoni, immagini e visioni? Da un punto di vista teorico, tantissimo: il Situazionismo prima, il postmodernismo, poi, si sono adeguati al ritmo frenetico delle trasformazioni che hanno interessato la città del dopoguerra intesa più come luogo dell’animo che come avamposto geografico. È proprio a queste due correnti di pensiero che sembra ispirarsi, direttamente o indirettamente, il nuovo lavoro del sound-artist Tiziano Milani, qui affiancato dallo scrittore e conduttore radiofonico Luca Rota. 14 files mp3 – pari ad oltre 3 ore e mezza di musica – con i suoni del primo e 14 files jpeg, con testi ed immagini impaginati ed elaborati dal secondo, incentrati sul concetto fanta-sociologico di “Città della Simulazione”, “non-luogo per antonomasia della contemporaneità […] che dissimula anche il senso di termini e concetti dai quali si fa scrivere, raccontare, rappresentare”. Proprio per questo, una sfida quasi impossibile, ma affrontata con coraggio e gran classe. 7/10” Vincenzo Santarcangelo, Rockerilla n.357, 2010.

“(…) Un progetto molto interessante quello che mi trovo fra le mani, infatti a dispetto delle molte baggianate che cercano di darsi uno spessore elencando nomi di intellettuali a caso o presunte ispirazioni colte, questo progetto è realmente multimediale e seriamente ispirato ad un’idea molto forte. Si tratta di un lavoro multimediale in cui i testi di Rota e le musiche di Milani tratteggiano il profilo del “Vivere nella città, la città come propria realtà, la propria vita come vita della città – o languire come inutili figuranti nella sfigurata Città della Simulazione…” come Rota lo definisce. Un lavoro splendido in cui forse l’unica cosa che non convince fino in fondo sono alcune delle immagini, non perché si tratti di immagini mediocri, ma per il puro e semplice confronto con i testi di Rota che sono molto interessanti e con la musica di qualità di Tiziano Milani, che si è mantenuto sui suoi soliti ottimi livelli. Per il musicista lombardo la partecipazione ad un progetto del genere era quasi scontata, non parlo tanto del fatto che credo sia architetto, ma più dell’idea di colonna sonora documentaristica che mi hanno lasciato molti dei suoi lavori. Immagini notturne o spazi geometrici vuoti, quand’anche ci fossero degli esseri umani sarebbero comparse in uno scenario dove l’ambiente urbano ed il suo contesto diventano i protagonisti principali: un tributo alla città in cui ogni traccia si accompagna ad un’immagine in cui viene disposto uno dei testi di Rota. L’effetto globale non è molto diverso da quello di alcune istallazioni che mi è capitato di vedere, l’unica differenza è che forse la musica di Milani potrebbe vivere di una propria vita autonoma. Quattordici tracce per altrettanti testi, ed ognuna di esse di lunghezze diverse con più tracce che superano i venti minuti, non per nulla Milani ha scelto il formato mp3 per accompagnare i jpeg che troverete all’interno di questo dischetto. Musica in bilico fra l’elettronica e la sperimentazione, spesso si tratta di campioni o di improvvisazioni rielaborate, fra le varie tracce sono persino riuscito a riconoscere Ghotam Lullaby di Meredith Monk (e per questo credo di meritarmi il peluche in fondo al tirassegno). Suoni astratti ma ancora molto espressivi, un po’ come quelli degli appartamenti che nonostante il loro grigiume spesso nascondono storie molto diverse “Vivere nella città, la città come propria realtà, la propria vita come vita della città – o languire come inutili figuranti nella sfigurata Città della Simulazione…”. A. Ferraris, Sodapop 2010.

“(…) The City of Simulation / La Città della Simulazione trae lo spunto da un illuminante volume di Giandomenico Amendola, “La città postmoderna – Magie e paure della metropoli contemporanea” (Laterza, Bari, 1997, IV ed. ampliata 2003) ed in particolare dal capitolo omonimo del progetto, nel quale Amendola evidenzia come la città contemporanea o post-moderna, appunto, si sia sviluppata (ovvero sia stata sviluppata, cioè progettata e plasmata dagli architetti/urbanisti d’oggi) in modo da indurre il suo abitante a vivere una vita cittadina non più propria e ‘naturale’ ma sostanzialmente dissimulata, come l’attore su di una scena teatrale: un abitante suggestionato al punto da divenire paradossalmente consapevole della maschera indossata, e dunque bisognoso di una scena sulla quale recitare la sua nuova e artificiosa vita quotidiana.» Premetto che non conosco il testo di Amendola, visto l’argomento trattato ho l’impressione che lo troverei parecchio indigesto, e quindi non mi addentrerò nei rapporti fra quel saggio e le quattordici poesie audio-visuali delle quali mi occupo in questa recensione. Premetto anche che questa è la prima volta che mi imbatto nel nome dello scrittore Luca Rota, e quindi almeno una parte di questo complesso lavoro (oltre alle premesse che l’hanno generato) mi trova impreparato. Per approfondire la conoscenza dello scrittore vi invito comunque a visitare il suo sito cliccando nel link riportato sopra. Rispetto alle 14 immagini con le quali Rota contribuisce a quest’opera, si tratta di assemblaggi costituiti da parole, foto e/o disegni. Le parole a volte sono disposte in periodi piuttosto estesi, altre in brevi frasi e altre ancora in forma scempia. La disposizione e la struttura dei testi varia a seconda del tema trattato, andando così a impostare una strutturazione descrittiva più nell’aspetto grafico che nel significato letterale delle frasi. Faccio due esempi: in Divieto di scarico immondizie le parole iniziano ad un certo punto a perdere delle lettere, e queste lettere carambolano verso il fondo pagina dove è riprodotta una ruspa pronta ad accatastarle («…Terrazza dal panorama bellissimo / Altissimo campanile gotico / Caotico passeggio tra gremiti bar / Bazar che ric rda antichi traffici / Edifici di rinomati ar hitetti / Tetti di tego e rosse che s’alz no…», mentre in Muro di periferia il testo è scritto nell’immagine del muro con un carattere che ricorda le scritte dei graffitisti, e all’interno del testo vengono inseriti anche alcuni dei simboli da questi maggiormente utilizzati. I testi si solvono nelle immagini fino a convertirsi in immagine essi stessi. Le icone utilizzate sono state in prevalenza scaricate dalla rete, a ricordarci quanto multimedialità, interattività, cut up e riciclaggio siano ormai gioco comune. Non sono in grado di dare un giudizio, che vada al di là del mi piace / non mi piace, a questa parte dell’opera, ma riporto alcuni dei lavori in margine alla recensione (naturalmente in pixellaggio molto inferiore) affinché possiate rendervi conto, seppure vagamente, di cosa si tratta. La parte musicale è chiaramente quella di mia maggiore pertinenza, anche perché conoscevo già qualche lavoro precedente di Milani (su Setola e Afe), e mi sento di affermare che il musicista lecchese ha realizzato un piccolo capolavoro sia per equilibrio sia per intensità. Paesaggistica sonora è la definizione che trovo più appropriata per queste musiche, ma si tratta di una paesaggistica più evocativa, perfino con un certo sarcasmo, che descrittiva. In Salutiamo con applausi e allegria, ad esempio, non si ascoltano né bande paesane, né fuochi d’artificio e né festeggiamenti d’alcun tipo, ma una specie di coro che inizia celestiale e si trasforma poi distorcendosi e inacidendosi. In c-ostruzione, altresì, non presenta suoni di gru e carpenteria (o almeno non li presenta al loro stato puro), ma è fatta di ritmi, linee e punti, ripetitivi e minimali. Divieto di scarico immondizie si presenta in un abito da sera quasi jazzy. Talvolta, come in Passi, il mood sembra farsi maggiormente descrittivo, senza però mai allinearsi a quel concretismo da ‘cinema per le orecchie’ tipicamente francese. Sembra di sentire echi dell’ambient (quello più urbano) di Brian Eno, delle avventure più giocattolose di John Cage, del dub sciancato di Mark Stewart, dei concretismi oscuri di Christoph Heemann, della minimal techno dei Pan Sonic e di Thomas Brinkmann. La formula scelta, un CD che contiene suoni in formato MP3 e immagini in formato JPEG, permette una dilatazione che mi ha fatto pensare ai passati esperimenti per creare una musica ‘infinita’ (la sola Skyline dura intorno ai 50 minuti). Nonostante la messa in opera di più mood espressivi e di più metodi riproduttivi non userei comunque per “The City of Simulation” l’abusata definizione di opera multimediale, preferendogli di gran lunga quella di split plurimediale. Nella multimedialità, come finora s’è espressa, un singolo od un gruppo sviluppava un’opera unica nella cui realizzazione e nella cui fruizione entravano in ballo più forme espressive e mediatiche. Milani e Rota hanno lavorato disgiunti ed in autonomia alla creazione di due realizzazioni in grado di dare una risposta personale allo stesso tema, ma comunque dissimili per quanto riguarda la sensibilità dei loro autori e i percorsi creativi utilizzati. Qualcosa di nuovo? Mi sembra di sì. La strada verso la compilation plurimediale sembra ormai aperta.” Mario Biserni, Sands-zine 2010.

“(…) 14 poemi audio-visual, intorno e dentro il concetto di città. 14 Mp3 e 14 Jpeg, che vanno a formare un tutt’uno, suono/testo. Oltre tre ore di musica, ed infinite letture/riletture che s’interrogano sulla valenza della forma città odierna. “Città, ventunesimo secolo, anno 2009: disteso corpo tentacolare di altissimi edifici, altri ancora più alti in costruzione – in ostruzione inveterata della vista verso l’orizzonte del tempo, scenografica sky-line dominante e di sotto un labirintico reticolo di incroci confluenze analogie di innumerevoli parole come altrettanti edifici d’una città sovrapposta e sopra ancora quelle dei discorsi di chi ha “vinto” il privilegio di vivere al di sopra della nebbia che tutto avvolge – anche e soprattutto quando nebbia non ce n’è… Cos’è la città, oggi? Cos’è la vita in città? – realtà, finzione, sceneggiatura, elegia, dramma? Le strade del centro città sembrano lastricate di denaro, ma due svolte oltre i rilucenti viali alberati grigi muri di periferia infondono (in)urbana soggezione nello spirito, e accanto ad essi, ai piedi dei divieti di scarico immondizie, l’antinomia diventa completa. La mappa urbana traccia gli sfondi di una anomala scenografia post-moderna, mentre il cielo al di sopra si fa’ cupo di tutte le parole spese da un copione senza più filo logico: occorre ritrovarlo, ricuperarlo, ritornare a che i passi compiuti nel traversare il corpo della città siano nuovamente linfa per esso, non più liquido di suppurazione… Vivere nella città, la città come propria realtà, la propria vita come vita della città – o languire come inutili figuranti nella sfigurata Città della Simulazione…” Questa, la presentazione dell’opera contenuta nel cd. Della parte che maggiormente c’interessa in questa sede (il suono…), bisogna dire sin da subito, che elude, ogni semplice visione rumoreggiante. Ad un’esposizione semplicistica, Tiziano Milani, oppone una scrittura complessiva, senz’altro descrittiva, ma capace, di sgambettar liberamente con le proprie gambe. La mole di materiale presentato in quest’occasione, spazia agilmente, fra ambient nebbiosa (Biosphere o BJ Nilsen circa…), aperture luminose e cangianti (un intenso sprigionarsi di umori Popol Vuh), circumnavigazioni intorno ad ipotesi minimal dub (Thomas Brinkmann o qualcosa del miglior Pole). Elettroacustica fatta di carne e pane quotidiano, che irradia un umano senso di senso di spaesamento isolato, tutt’altro che minaccioso. E poi ancora, sottili refoli, prossimi al jazz, ad infarcire il tutto. Ottimamente congegnato, l’insieme, si offre a frequenti immersioni sensoriali, che poco offrono alla stanchezza. E di fronte alla complessità del tema affrontato, questa, è una questione non indifferente. Le parole, aprono dubbi ed ipotesi, che vi consiglio, di approfondire, su: lacittadellasimulazione.com, e lucarota.it. L’amaro in bocca, lo lasciano invece, le immagini scelte come compendio di suoni e parole. Banali e di scarsa qualità, quasi pescate sbadatamente sul web. Non s’involano mai verso l’alto e non offrono nessun valore aggiunto. Ma il giudizio complessivo, non vien intaccato più di tanto, da questo neo pur consistente. Opera coraggiosissima, di elevata qualità, e inusuale concezione. Potrebbe esser additata da esempio nel futuro. Santa Setola Di Maiale vien da dire per l’ennesima volta. (Fatela divenir anomala strenna natalizia, l’effetto potrebbe esser niente male).” M. Carcasi, Kathodik 2010.

“(…) This album is composed of 14 track by Tiziano Milani and 14 images/text by Luca Ruta. One concept is the foundation of this record: the description of the contemporary city. Simulation is a term to be intended in the Baudrillad sense: the invisible, and real, part of the city is what lies behind the flashy skyline that is the standard for all the (post)modern cities. As Rota says in the linear notes “the word must cheat the attempt of simulation and of expressive “normalization” that comes from it somehow, or it should still retain inside itself the ability of representing life”. Their aim is to describe a path beneath all the elements of the way of life in this simulation, so, this is an ambitious work and not a mere collection of text and tunes.The journey starts with “La città della simulazione” where drones, field recordings and vinyl crackles are paired with the lyrical description of a city where everything has become false and a picture of buildings at night. “Skyline” continues this journey with the same elements showing an enormous cure for sonic details while the words typesetted as a skyline deals with the concept of a (false) elevation. “Divieto di scarico immondizie” take his point with letter falling like bread crumbs and sparse sound of various nature. “Denaro” is based on carillon sounds, eroded by noise, paired with a powerful text about the relationship with money in the boroughs of the city. “In c-ostruzione” is a beat driven track ending with the sound of a spin-drier where the text deals with the work driven economical climbing. “incroci confluenze analogie” features words and sounds everyone knows. “Muro di periferia” is urban poetry nourished by field recordings and abandoned buildings. “Salutiamo con applausi e simpatia” is a bitter, tongue-in-cheek, reflection on politics. With “Nebbia” comes the same idea behind writing: cover the ugliness of urban landscape. “Passi” is, in the author’s intentions, the closing track and there’s some form of hope: city exists from, and built by, citizen … this means it can be changed; the music underline this idea with the sense of movement generated by beats and voices. There’s a constant dialogue between music and words, in this way this work has a sense of unity that set the text not as “linear notes” or the images as “packaging”, but, as a guide to comprehension. However, the track has no numbers (the mp3s are titled only and the track number tag is empty) so, implicitly, everyone can take his own path to this work. This is not an easy listening record, this is just like a city you have to explore using the time it needs. This is a work of great design and depth, and one of my album of the year. Highly Recommended.” Adern X, Chain D.L.K.

01 _ Centro-città 4:31
02 _ Denaro: quartieri di città 12:08
03 _ Divieto di scarico immondizie 23:53
04 _ Il cielo sopra la città 15:52
05 _ In c-ostruzione 12:55
06 _ Incroci confluenze analogie 20:49
07 _ La città della simulazione 21:29
08 _ Mappa della città 8:29
09 _ Muro di periferia 7:07
10 _ Nebbia 23:12
11 _ Passi 5:53
12 _ Salutiamo con applausi e simpatia 11:57
13 _ Skyline 50:36
14 _ Vita in città 14:29

Tiziano:milani:Riflessione Compositiva di Assemblaggi Possibili(farmacia901 rec)

While in previous works the research of the relationship between space and sound took place in real environments — where the sounds were put in a room to analyze the acoustic properties of walls and objects — this time Tiziano Milani wants to play a game, grounding his stand on an architectonic project yet to be realized, existing only on paper.

In brief:

1. Identifications of an architectural design and evaluations of a room
2. Choice of the sounds that have to interact with the space inside the room
3. Use of the room characteristics to develop the sounds, digital manipulations (reverb and other effects)
4. Composition of the workpiece on the basis of the developments of the project plant.

The linguistic musical tissue of this sound track is characterized by timbric, rhythmic and formal elements which tending to an expansion and cohesion of the sound framework. In this work the external sounds and noises, usually excluded from the musical enjoyment context, are recovered and integrated in the sound track to give the starting point material for the construction of the composition. The title evokes the figure of the two-faced mythical divinity, represented by the biparted division of the sound track. There are lots of strident moments and savage rhythmic movements into these sounds, even if one can be found moments of great quietness due to the resonances textures. The second part is completely realized by ascending and descending variations of acoustic instruments giving an atmosphere of tumultuous turbulence. The presence of asymmetrical elements gives an aleatory sense. What this work tries to find is an indeterminate way to compose.

Tiziano Milani is an acoustic architect with different releases at his active: CD-Rs on Setola di Maiale and A.F.E., free Mp3s on Chew’z net-label, etc. He collects casual sounds and in some cases they are generated by touching, beating and breaking contact-miked objects. His works are the results of an alchemy produced by the mix of many layered sound sources. Also the track you find on RIFLESSIONE COMPOSITIVA DI ASSEMBLAGGI POSSIBILI born in that way and even if by saying that the result is a mix of tiny elements, it doesn’t sound like an experimental casual mishmash of things. Tiziano is really good at using cracking noises, hisses, metal clanging sources and droning or humming sounds and the fifty four minutes of the track form an interesting and always mutating suite where noises and melodies coexist. The CD-r is limited to 50 copies and you can check an excerpt at the label’s website.

Maurizio Pustianaz . Chain DLK


Farmacia 901 is an experimental avantgarde record label exploring a different sound plane, – where the reading key of its Artists seems to me always being like ‘more conceptual than musical’. Let’s say that a song is made of sounds, but sounds can also not make a song. – So let’s take Tiziano Milani: – He defines himself as an acoustic architect (or maybe He just is!), He works on micro-sounds like particles of a structure, something visible and at the same time intangible, multilayered minute movements of minimal drone Music, and – conceptually – realizes an imaginary installation designed to transform the sound perception of a room into something digitally artistic and interactive once You’re in.
Of course, if I didn’t have read the three lines of the press release to light me this concept, I might have just written the usual things: experimental electronic Music, meditative, post-concrete recording, glitch, digital sound synthesis. And, actually, that’s it. But, like when You visit an art installation, often You need to read the guide lines to discover the original meaning behind the object itself, that, – as said above, – it is often more conceptual than musical.
Anyway, about one hour into the duty pharmacy, Time slips fast and pleasantly alienating, – the exhibit was worth the price of admission.

Paolo Miceli . Komakino ‘Zine

t

:tiziano:milani:Im innersten (aferecords)

Milani‘s music was released on CD-R by Setola di Maiale (“Chamber Music For Screeching and Artificial Insects” and “Music As a Second Language“) and as freely downloadable Mp3s by the Chew’z net-label (“SuoniOggettiRisonanti“).

“Nothing in the sounds I pick up is affirmed with will and enterprise, but rather whispered or murmured almost by chance, just like a conversation unintentionally heard on a subway train, or accidentally eavesdropped through the wall of an hotel room. The approach to sounds must not be simplified because every single sound is nothing but a small part of a whole which should be considerated in its own theoretic – and then mechanic – execution. Several different stages of work are stratified in every single piece (contemporary or not). In some cases sounds are generated by touching, beating and breaking contact-miked objects. In other cases, they are the results of manipulated fluxes. In the audio tracks everything is deposited like in a melting-pot than receives and mixes alchemies. The work on sounds involves differect aspects such as improvisation, which is seen like the ecstasy of the moment, like a synthesis between meditation and execution, contemplation and composition, but also a sense of void. The improvisation, the play by meaning of coincidences and casualities, are elements so important that resolve themselves in the idea of process / performance. One of the techniques I use consists into a stratification of the musical form, through which the same elements can have a different expressive function. This kind of “formal deepness” allows to move from the “background” element to the note / musical element in the “foreground” with continuity.”

Im Innersten” is conceived as a continuous flux where “all events coming from a different origin interact with each other so that each of them contains all the others in itself”. Intervention is focused on the sound/space relation.

The research operated inside a reverberating room is an important experience in this relation: rebuilding sonic objects starting from electronic and acoustic improvisations through the properties of “differently musical” objects that have “sensible” distinctive sound features. Part of the sounds of “Im Innersten” were obtained in such a way.

Research was developed through standard operations meant to measure the acoustic absorption level (UNI ISO 354/89) of different materials (blocks, panels, etc.).

The analysis of the absorbing “power” of materials consist of procedures that are complex and exciting at the same time because of the improbable repetitivity of the measure themselves. Variants are many and seldom reproducible.

Sample materials were put on the floor and the “improvised” sounds were introduced inside the room and then “recaptured” with their new properties (reverb times) by six microphones.

Variation of the reverb time, due to the materials absorbing properties, is the main subject of such a sonic alteration. The resulting sounds were then assembled in a studio.

Reviews:

“Tiziano Milani presenta questo suo nuovo lavoro come “un flusso continuo dove tutte le cose e tutti gli eventi di diversa provenienza interagiscono tra loro in modo tale che ognuno di essi contiene in se stesso tutti gli altri”… Una ricerca fatta di suoni tenui improvvisati e il loro riverberarsi nel “colpire” diversi materiali fonoassorbenti. La mancanza di maggiori dettagli del lavoro o di una versione visiva di ciò che è poi la vera ricerca di Milani ci porta ad accontentarci dell’assemblaggio audio finale di questi diversi studi, con un sapore esteso dell’attesa, una sorta di musica improvvisata ambientale. Opera “aperta” abbandonata sul fondo, tra aloni ed echi di musica concreta.”
Live Electronics [more]

“…Milani muovendosi in totale autonomia sta andando sempre più alla deriva nel suo suono, perché sì, che ci crediate o no, questo lombardo ha sviluppato un suono autonomo ed in un ambito para elettronico direi che ci sarebbe da gridare al miracolo anche solo per questo… Se stessimo parlando di classica contemporanea potremmo menzionare quell’eroe totale di Morton Feldman senza alcun timore e non è proprio un caso dato che con alcuni momenti di questo e di altri CD di Tiziano Milani non ci sta neppure male, diciamo che i lavori di questo architetto a tratti risultano in sospensione fra l’elettronica e la musica contemporanea: un po’ come se le simmetrie sinistre di Feldman fossero state meno dilatate, più silenziose… Un senso di vuoto o forse semplicemente un senso d’inquietudine tutto notturno, ma che arriva e si dirige dentro alla pancia…”
Sodapop [more]

“Tiziano Milani’s “Im Innersten” consists of three long-form pieces, elegantly fusing organic minimalism with something that approaches clicks’n’cuts territory. Milani capably splices delicate textural glockenspiel with a rangy pallette of bleeps and blips, field recordings, and subtle harmonics. The overall feel is sedately paced, crisp and beautifully executed. Perhaps one of my favourites of this handful of releases. Fine stuff indeed.”
White_Line [more]

“The name Tiziano Milani is a new name for me, although he has some releases on Setola di Maiale and Chew-Z… He likes muffled sounds, far away, recorded through the walls. This results in three long tracks which work as endless streams of sounds, rather than a fixed composition of specific sounds. This makes it hard to focus on the end result – the composition – but like Hudak, it seems that its much more three pieces of undirected ambient music. Whereas Hudak limits his sound source to one specific recording, Milani works with a multitude of sounds, which move about on end, but the end result is like Hudak: music to do your newspaper reading, cleaning or just sit back and relax. Also nice, certainly if you play these in a row.”
Vital Weekly [more]

“Con ben due pubblicazioni su Setola di Maiale (“Music As a Second Language” e “Chamber Music For Screeching and Artificial Insects”) Tiziano Milani è ormai uno di quei musicisti che si sono ritagliati uno spazio ben definito all’interno dell’italico microcosmo, quindi appare come cosa sensata e ponderata la decisione di un Andrea “Afeman” Marutti che gli riserva l’adeguato spazio nel pacchetto delle sue nuove realizzazioni. E ascoltando “Im Innersten” tale decisione si rivela ancor più azzeccata. Milani, nell’arco di tre scritture sopraffine, si muove con eleganza in quegli interstizi virtuali che dovrebbero rappresentare dei tramezzi divisori fra modelli piuttosto definiti e denominati come ambient, minimalismo, industrial, elettroacustica, elettronica, musica concreta…. Il suo è quindi un interregno di Elgaland-Vargalang che, sfuggendo alle classificazioni e ai pregiudizi, ora si incunea in contrade già note ed ora le sfugge, ora le accetta e ora le rinnega, zigzagando con abilità nelle piste tracciate fra le varie linee di confine…”
Sound and Silence [more]

“Tiziano Milani si confronta con la trasformazione, fisica e mentale, del suono attraverso la sua interazione con lo spazio, facendo fluire la musica in una camera di riverbero e poi acquisendola in digitale. Il suono sorge lento ma lussureggiante come un alba in una palude tropicale (“In-Through-Out”) muta lentamente, si fa rumore quasi industriale, suono parassita (“From Roots To Routes”) e poi ancora si fa letto fluido della memoria, dove fluttuano residui e un barbaglio di piano (“From Order To Border”).”
Blow Up [more]

“…On offer here are three lengthy tracks with each hitting near or just over the 20 minute mark. The tracks sort of drift, swell and slowly bob along in a rather appealing dreamy manner; tranquil and harmonic vibe slow rain drifts into piano tinkles, onto electro sound improv, through to distant conversion hum, onto brooding ambient synth buzz and static detail and this all happens with-in the first track. The pace is kept slow, languid and thoughtful through-out all three tracks; track two is the only track that features fairly present and consistent rhythmic elements; but there done in quite a quirky almost improv world music meets glitch fashion. “Im Innersten” offers up three artistically and slowly shifting soundscapes that really require multiple listens to understand and take in all that Tiziano Milani is trying to put across; a very clever, varied yet challenging album worthy of your time…”
Musique Machine [more]

“…To realize these delightfully unsolved textures, a computer processed pre-amplified omnidirectional sources captured by a microphone in a reverberating room. This is not a typical ten-second-Lexicon-Hall album hiding absence of ideas, though. In this circumstance, we’re satisfied by a sonic heterogeneity based upon familiar presences mildly enhanced by an intelligent use of electronics. It’s a quiet, but not boring series of electroacoustic interactions in which found sounds, electronic radiations and normal instruments generate an ear-rubbing cloth that appears trademarked by names such as Paul Schütze and Ralf Steinbrüchel, even if Milani successfully strives to maintain a trait of individuality. A clever work, dappled that necessary much to prevent wearisomeness from kicking in, elegantly gratifying and – especially in the final track “From Order To Border” – causing interesting reactions in the mechanisms of memory.”
Temporary Fault [more]

TIZIANO MILANI: MUSIC AS A SECOND LANGUAGE (setola di maiale)

>> FOLDER CON CDR SILVER/BLACK | SOLD OUT

Tiziano Milani _ registrazioni concrete _ manipolazione digitale _ live electronics _ laptop

Questo è il secondo album di Tiziano Milani per Setola. La musica, generalmente identificata in poche, singolari caratteristiche: attenzione al suono in sé piuttosto che alle relazioni dei suoni tra loro, dunque apparente sconnessione formale dei singoli eventi e svolgimenti rallentati; moduli minimamente variati lungo decorsi temporali smisurati. Comporre i suoni in una successione consequenziale diviene così meno interessante che “disporli sulla tela del tempo”. Una musica dichiaratamente nata dall'”esperienza astratta”, è in realtà intessuta, disseminata di presenze eterogenee. I processi ripetitivi sono la regola, ma non occupano mai molto “tempo” e lasciano il posto a nuove figure immesse in nuovi processi ripetitivi, dando luogo ad una concatenazione di pannelli in sé relativamente statici. Ma è propriamente nel gioco illusionistico dello scambio tra ciò che è statico e ciò che è mobile che si sviluppa l’intero disco. Il metodo compositivo utilizzato è quello della stratigrafia. Il modello è un “qualcosa” che si avvicina al concetto di masse sonore digitali di Xenakis. Dalle parole dello stesso Milani: “Da cosa sono influenzato? ora direi: ciò che mi circonda. Ho imparato ad ascoltare, anche grazie al mio lavoro di architetto-tecnico in acustica, i suoni degli ambienti, delle città, dei luoghi insomma. Mi capita spesso di rimanere per ore ad ascoltare senza avere la necessità di mettere un cd nel lettore ed ascoltare musica. Ciò che importa per me, ora, è il suono. Se vogliamo un po’ il manifesto della musica concreta: “Noi abbiamo chiamato la nostra musica concreta, poiché essa è costituita da elementi preesistenti, presi in prestito da un qualsiasi materiale sonoro, sia rumore o musica tradizionale. Questi elementi sono poi composti in modo sperimentale mediante una costruzione diretta che tende a realizzare una volontà di composizione senza l’aiuto, divenuto impossibile, di una notazione musicale tradizionale”. Mi interessano i luoghi dove la presenza umana è viva, dove si può sentire il riverbero di quella presenza. In questo modo i suoni vengono inseriti con parsimonia, usati non per creare melodie definite, ma per strutturare un micromondo dove la sperimentazione la fa da padrona. I suoni hanno un ruolo determinante in un contesto sociale, e la loro variazione determina spesso un conseguente cambiamento nelle relazioni che in quel momento intercorrono nell’ambiente. L’interazione fra le diversi componenti sensoriali, oltre all’udito, che agiscono su un sistema favorisce l’incrociarsi astratto di flussi di dati diversi. Scaturisce anche da qui il concetto di improvvisazione e casualità. Tendo ad avere una visione spaziale temporale di tipo orientale. La musica occidentale non ha una visione universalistica del linguaggio sonoro. Esclude dal proprio alveo la musica di culture lontane, scarsamente studiata e destituita senz’appello di ogni pretesa artistica, ma soprattutto ignora completamente la vastità del concetto di suono, chiudendosi in un cieco isolazionismo, incapace di guardare alla vastità del linguaggio sonoro universale. In realtà sono sempre stato un autodidatta, più volte ho pensato di intraprendere gli studi musicali ma temo per la bellezza dei suoni, la troppa dottrina crea molteplici schemi e binari da seguire, quindi mi arrangio studiando in solo da più di 10 anni. In questi anni ho imparato a considerare non la musica ma il suono, di più ampio respiro, e in qualche modo primordiale. Ciò che mi importa è quindi questa interazione tra i suoni contenuti in un cd e l’ambiente di ascolto, la somma logaritmica della potenza sonora dei due ambienti, ogni volta diversa e spiazzante. La vita dei suoni contenuti in un cd o qualsiasi altro supporto deve rigenerarsi, e per far questo ha bisogno come l’essere umano di stimoli, situazioni nuove”. Per maggiori info: http://www.myspace.com/milanitiziano.

“(…) Tiziano Milani, protagonista di due interessanti cd pubblicati da Setola di Maiale, è autore di stratificazioni suggestive, che in questo secondo cd “Music as a second language” come nel primo “Chamber music for screeching and artificial insects” meritano la massima attenzione da parte di chi ama la musica elettronica (…).” A. Cartolari, http://www.live-electronics.com

“(…) Vera sorpresa quella di Milani, per una serie di casi della vita nel giro di pochi mesi passo dal non averlo mai sentito, al sentirlo nominare in toni totalmente positivi ed a constatarne la bravura. Dato che credo che per moltissimi risulti un illustre sconosciuto, va detto che il suo nome è stato conosciuto da qualcuno grazie al fatto che nel primo disco di C. Parodi su Extreme (quello ispirato ad una istallazione/composizione di Alvin Lucier), il campionamento base da cui parte il Ligure è preso proprio da Milani (i ben informati mi dicono che anche nel prossimo il nastro magnetico partirà nuovamente da un suo campione). I dischi di Milani sono una vera sorpresa e questo Music As A Second Language dello scorso anno è molto più maturo di molti musicisti dopo anni di carriera. Bene o male si tratta di elettronica mischiata a molta musica contemporanea o forse meglio dire che è contemporanea in veste elettronica? Al di là delle definizioni la particolarità di questo disco è che nonostante la profondità ed il rigore della musica non parliamo di un lavoro “glaciale”. Tonalità notturne che proprio per le atmosfere forse hanno condizionato la scelta stessa di Parodi dato che se per Milani non si parla di drone a tratti poco ci manca. Paesaggi ricchi di suoni, glitch e suoni (campionati? Suonati?) di strumenti a fiato, vibafono che fluttuano nell’aria con un’idea di sospensione che volutamente o no è figlia di gente come Feldman o Scelsi (tanto per dire i primi due nomi che mi vengono in mente). A tratti notturna come certo jazz evoluto e smantellato della sua impalcatura e dei suoi bpm originari, a volte elettronico in modo mitteleuropeo, materiale che giusto per dare delle coordinate sarebbe potuto uscire su Mille Plateux o su Touch. La musica di Milani si sposta nel vuoto e se anche a tratti si giochi fra apparenti dissonanze/disarmonie scava come il rasoio ed i denti di Antony Hopkins fra le carni dei due poliziotti che lo sorvegliano. Tanto di cappello a Giust che dimostra per l’ennesima volta di essere un jazzista fuori dai ranghi o di non essere un jazzista e di essere più semplicemente “fuori dai ranghi” a tutto tondo, ma non servono portfolio particolari per dischi come questo, basta ascoltarlo, tutto quello che serve sapere e non sapere è congelato nelle cinque “interazioni” in cui è diviso questo disco. Spero che ne rimaniate sorpresi piacevolemte come me (…).” Andrea Ferraris, Sodapop.

“(…) La mente contemporanea troppo spesso tende a fossilizzarsi sulla superficialità delle cose, ovvero sulla loro realtà apparente, quella che per prima viene colta dai sensi e assunta per ciò che è. Su tale leggerezza appiattente è assai semplice costruire “norme”, cioè normalità, dunque conformità, che in breve diventano gli elementi indiscutibili che formano di quella realtà la verità, come prima presa per ciò che è e creduta quindi assoluta proprio perché conformata, facilmente credibile, bisognosa di un personale approfondimento intellettuale sovente ritenuta cosa impegnativa – ah, libero pensiero, sempre più in via di estinzione per la gioia di chi domina la nostra misera civiltà! Ma il nostro mondo è quanto meno tridimensionale, dunque dotato non di un solo punto di vista, ma sempre di altri, a volte anche opposti – ma se si vuole comprendere in maniera soddisfacente la “forma” di un oggetto, è bene osservarlo prima da una parte e poi dall’altra, e se si può da un’altra ancora… I punti di vista differenti, “alternativi” sulla realtà (“alternativi” non certo nel significato modaiolo odierno, ma nella sua accezione più pura) sono una delle basi della ricerca letteraria del sottoscritto, ma anche altre forme d’arte, forse ancora più emblematiche di quanto sopra scritto, sanno rifuggire dalle “conformità” della superficialità imperante (e imposta), e non solo per scelta o vocazione, ma anche e soprattutto perché molti non sanno come conformarle, non le comprendono, non ne intuiscono il senso e il valore proprio perché imprigionati nella superficialità di una verità accettata per ciò che è e per come viene imposta, e da qui non sanno andare oltre. In tal modo tutto quanto non può essere compreso nella “norma” viene rifiutato, rigettato, spesso perseguito come anormale, appunto – in tutti i sensi negativi che a questo aggettivo si possono applicare. La musica è da sempre una delle forme d’arte dotata della maggiore forza di spingersi oltre, andando ad esplorare territori sonori mai prima battuti; eppure, a volte questi territori non sono che gli stessi di sempre, solo esplorati da nord a sud piuttosto che da est a ovest come, mettiamo, la regola impone; e la mente comune, a cui è stato imposto di andare solo in un certa direzione, non sa intraprenderne altre, limitandosi così enormemente nella visione, e nella comprensione del “territorio” che qui ho preso come dato metaforico. E’ quanto succede nella musica elettroacustica, un genere a cui mi sto appassionando proprio perché assolutamente paradigmatico di quanto ho asserito finora, e per molti versi dunque affine alla mia stessa ricerca letteraria – una passione che nasce anche grazie alla conoscenza di Tiziano Milani, uno dei migliori compositori italiani nel genere. Vi voglio qui proporre un brano tratto dal suo ultimo cd Music as a second language uscito per SetoladiMaiale, etichetta indipendente specializzata in musica “non convenzionale” (guarda caso!), e citare un piccolo pensiero che Tiziano esprime nella presentazione del cd: “La musica occidentale non ha una visione universalistica del linguaggio sonoro. Esclude dal proprio alveo la musica di culture lontane, scarsamente studiata e destituita senz’appello di ogni pretesa artistica, ma soprattutto ignora completamente la vastità del concetto di suono, chiudendosi in un cieco isolazionismo, incapace di guardare alla vastità del linguaggio sonoro universale”. Bene, prendete il senso di questo pensiero e ponetelo sopra la riflessione che ho scritto nella prima parte del post… Il suono è come la realtà: vastissimo, ma certi convenzionalismi imposti e accettati senza critica spesso per pura noia intellettuale rinchiudono quella realtà in un piccolo recinto, che sia conforme e funzionale al vivere diffuso e indotto. Cos’è la musica? Soltanto una bella melodia orecchiabile? – come potrebbero rispondere in tanti… Altra domanda: voi ascoltate veramente la musica? O vi limitate a sentirla?… Dunque, se osservate un’opera d’arte pittorica, vi limitate a rimirarne solo un piccolo angolo, o solo una parte più palesemente cromatica di altre? Ascoltate il brano di Tiziano Milani che propongo, che si intitola Interazioni 3; cercate di ascoltarlo, non solamente sentirlo, e tentate di intuire il diverso approccio all’universo del suono che si propaga da esso; provate a mettere in dubbio la “norma” che la musica sia solo armonia orecchiabile, e che dalla parte opposta a ciò vi sia necessariamente una disarmonia, comunque interna all’universo del suono citato, e che non sia nulla di sgradevole – come il termine potrebbe far credere nell’accezione in cui è utilizzato – ma semmai un diverso punto di vista, di trasmissione per così dire e dunque di ascolto, del suono stesso: un cogliere altre regole armoniche, ritenute diverse dalle solite forse solo perché non conosciute, o non intuite… Non è semplice, lo capisco bene, ma la confutazione che molti opporranno all’ascolto (potrebbe essere: “Ma questa non è musica!”) non è che la riprova di come la percezione consueta del concetto di suono è legata ad una accezione limitatissima e per di più a sua volta imbrigliata in convenzionalismi accettati come fossero dogmi. Il suono non ha nulla a che vedere con uno spartito, o meglio: il ricondurlo a un tale mezzo di controllo è frutto di una mera regola, buona o cattiva che sia, perché è dal suono che può scaturire la musica, mentre siamo portati a credere che avvenga il contrario; ma il suono è talmente vasto nel suo pur semplice concetto che risulta difficilmente addomesticabile in “norme”: si preferisce negarne il valore di una grande parte per ridurre il tutto a qualcosa di più controllabile e conformabile, appunto… – senza sminuire il fatto che, dall’effetto di ciò – e come ripeto – siano scaturiti in certi casi grandissimi artisti (ma, in mooooolti altri, delle autentiche nullità, la maggioranza delle quali ingolfano le hit-parade spacciandosi, ed essendo spacciate, per “artisti musicali”…). Ora, se come spero starete ancora ascoltando il frammento sonoro, ritornate a leggere la prima parte del post sui differenti punti di vista dai quali si può osservare una data realtà, così da averne una visione più completa possibile… Ascoltando Tiziano Milani, come C. Parodi ed altri compositori di sonorità elettroacustiche, forse capirete meglio ciò che ho voluto esprimere – e forse anche voi resterete affascinati dal genere, avendo in più nuovi e preziosi elementi per formarvi un senso critico assai più approfondito in grado di valutare meglio la musica “normale” così come – demetaforizzando il discorso per tornare al punto originario e precipuo – la realtà che ci circonda”. Luca Rota, Rota WordPress, 2007.

“(…) Più ancora che nel primo disco per SdM, Chamber Music For Screeching And Artificial Insects(SM940), è in questo lavoro del musicista lombardo che il delicato equilibrio tra elettronica astratta e linguaggio classico contemporaneo sembra reggersi su se stesso. Accade così che i rimbrotti dei fiati o le note di piano di un ensemble da camera mai esistito e le geometrie digitali che perimetrano in continuazione una cornice instabile finiscono per coagularsi in lampi di bellezza improvvisa e fuggevole (Interazioni 1, Interazioni IV); che il linguaggio della macchina si presti docilmente ad essere impastato con cura come fosse colore – pur sempre grumoso – da spargere su di un’enorme, sonora, tela pollockiana (Interazioni II, Interazioni III); che il rumore concreto, citato evocato decontestualizzato assurga a nuova dignità artistica grazie all’affascinante balletto di seduzione che i suoni elaborati continuano ad esibirgli senza posa in un’estenuante, intermittente, crescendo tutto cerebrale fra ripulsa e fascinazione (Interazioni V).” Vincenzo Santarcangelo, SentireAscoltare, 2008.

01 _ Interazioni 1 18:29
02 _ Interazioni 2 05:11
03 _ Interazioni 3 04:34
04 _ Interazioni 4 30:14
05 _ Interazioni 5 12:15
>> TIZIANO MILANI: CHAMBER MUSIC FOR SCREECHING AND ARTIFICIAL INSECTS (setola di maiale)

>> FOLDER CON CDR SILVER/BLACK | SOLD OUT

Tiziano Milani _ registrazioni concrete _ manipolazione digitale _ live electronics _ laptop
Susanna Vigoni _ laptop _ elettronica _ oggetti

Dalle parole dello stesso autore: “Nulla nei suoni che raccolgo viene affermato con volontà e intraprendenza, bensì sussurrato o bisbigliato quasi casualmente, come un discorso involontariamente colto in metropolitana o accidentalmente origliato attraverso la parete di un albergo. L’approccio ai suoni non va semplificato perché ogni singolo suono non è che una piccola parte di un tutto che andrebbe seguito nel suo itinere teoretico e poi meccanico. All’interno di ogni brano si trovano stratificate fasi di lavoro diverse (contemporanee e no). In alcuni casi i suoni provengono dallo sfioramento, dalla percussione, dalla rottura di oggetti a cui sono apposti microfoni. In altri casi, sono la risultante di flussi manipolati. Nelle tracce audio, tutto si deposita come si trattasse di un crogiulo che accoglie e mescola alchimie. Questa mescola alchemica avviene grazie a sintetizzatori e live electronics, cioè all’utilizzo di programmi e strumenti elettronici che intervengono sui suoni provenienti da più periferiche. L’intervento diretto agisce su tutti i parametri del suono. Il fenomeno fisico-acustico risultante viene poi proiettato nello spazio. Il lavoro sui suoni implica una serie di aspetti tra cui l’improvvisazione vista come estasi del momento, come sintesi tra meditazione ed esecuzione, contemplazione, composizione, ma anche senso di vuoto e sicuramente pre e post-produzione al computer. L’improvvisazione, il suonare attraverso coincidenze e casualità sono elementi talmente importanti che si risolvono nell’idea di processo/attuazione”. Per maggiori info: http://www.myspace.com/milanitiziano.

“(…) Tiziano Milani è una bolla di cristallo leggerissima ed affascinante con una piccola crepa aperta sul quotidiano. In compagnia di Susanna Vigoni (laptop ed oggetti), Tiziano si dedica ad antiche arti di cesello auditivo. Squarci imprevisti sull’ordinario tenuemente sovrapposti e manipolati, texture umorali che rimandano sia ad una moderna classicità che ad una febbrile ricerca del particolare nascosto; del microscopico. Ma forse non ci siamo ancora, Tiziano lascia sedimentare i suoni in avvallamenti presumibilmente umidi, ne osserva le spore crescere sulla superficie; gli concede lo spazio necessario. E’ un gioco difficile questo tipo di ricerca, richiede nervi saldi; Tiziano pare averli. Affascinante gioco di risonanze quasi balinesi, otterrebbe dolci parole di apprezzamento da un David Toop o da un Paul Schütze (questo è un complimento…), non irrompe; si pone discretamente. La serie di Improvviso Suono Organizzato si dipana lungo coordinate semplici e vellutate, deliziosi aiku sonici che l’orecchio intossicato percepisce come rinfrancante unguento medicamentoso; si instaura una questione d’approccio tattile con queste delicate miniature. Sfioramenti, percussioni ancestrali; nodosi fasci di materia manipolata. Coincidenze fortunate e casualità; questo ed altro. Sul finale si allungano ombre oblique, l’atmosfera si fa più rarefatta; i sensi si acuiscono. Non ancora “Oceano Di Suono” ma la direzione è quella giusta. Suadenti, graziosi; detriti d’inconscio.” M. Carcasi, Kathodik.

“(…) Second full length for this artist some of you have probably heard since he’s been used as primary sound source for the recording of C. Parodi’s “Horizontal mover” on Extreme records. It’s surprising how some barely unknown artists can put out a cd so intense that blows away bigger productions or even the most famous names, but this’ just one of the many cases I’ve the chance to find recently. Milani’s works present a crepuscular blend of different influences well assorted in what in general can (or should I say “will”) be classified as electronic music. My reticence in speaking about electronic music has to do with the fact you can hear many acoustic instruments floating here and there in the magmatic flux, but I still dunno what is played and what’s not: who cares anyhow?. Another weird side effect I’ve sensed is the nocturnal modern jazz/contemporary classic feel that imbues the whole exhibit, be it for the harmonic dissonances or for the soft elegant interventions he’s put parsimoniously during the assemblage of every fragment. The full-length is divided in seven tracks evolving around the same harmonical/musical idea alas the global listening is really homogeneous, despite the long duration it’s not a boring release, sure it’s a intense and heavy trip, but while requiring a lot of attention it keeps the evocative power unaffected from the first to the last second. How does it sounds like? Like a dronical, post jazzy, atmospherical cloud where you have some scattered instruments crossing the scenario very discretely, therefore far from those short rides you hear in the most recent electro acoustic releases. While you some concrete sounds make their guest appearance in some of the acts, many sounds are patiently lead in and out of to the scene thanks to an intelligent use of delays and reverbs and above all thanks to a clever superimposition of layers. Yes, this work is what we may consider a dronical, electronical layering of different things even thought as I’ve already said the result is quite coherent in its elegant crepuscular dress. I’ve had the impression this music could concretize what happened if only David Tibet would have been much more into jazz or contemporary classic music instead of being lost in psychedelia and folk, probably it has to do with the “scattered memories” feel created by the odd melodies plus the field-recordings/samples drowning in the dark pool. Enchanting, odd record here: give it a try.” Andrea Ferraris, Chain D.L.K.

01 _ Improvviso suono organizzato 1 4:15
02 _ Improvviso suono organizzato 2 9:54
03 _ Improvviso suono organizzato 3 9:03
04 _ Improvviso suono organizzato 4 6:42
05 _ Improvviso suono organizzato 5 5:40
06 _ Improvviso suono organizzato 6 5:01
07 _ Improvviso suono organizzato 7 9:12

to 7 9:12

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